Sabato domenica 17-18 novembre 2007
in anno 151 post Freud natum
Concludo l’articolo proposto due volte, con domande, i sabato-domenica 27-28 ottobre e 3-4 novembre.
Per cominciare, si tratta della Vocazione dei santi Pietro e Andrea, solo recentemente attribuita con certezza a Caravaggio:
Esposizione a Roma, Termini Art Gallery, 22 novembre 2006-31 gennaio 2007, accompagnata dal Catalogo “Come lavorava Caravaggio”, Viviani Editore, Roma 2006;
nella Presentazione del Catalogo viene osservata “una tipologia speciale e insolita della figura di Cristo:
è il meno che si possa dire (ma come sono timidi i Critici e Storici dell’Arte!)
Non deve interessarci il “Chi” ufficiale del dipinto, bisogna invertire la prospettiva:
se Caravaggio, o mille altri pittori, avesse dipinto la faccia di un imbecille, ciò poteva solo significare che per Caravaggio Gesù era un imbecille (Caravaggio era troppo bravo per sbagliarsi, e così Michelangelo).
E allora anziché ridurci, come si fa da sempre, alla risposta ufficiale “Ecco un Gesù” seguita da tante immaginette imbecilli, vediamo il Chi rappresentato ancora prima di conoscere il titolo del dipinto.
Vediamo un individuo, non un tipo;
un retore, un logico, un politico, che sa accompagnare il suo discorso con gesti, con mimica, e con le mani vistosamente (gestualità senza gesticolazione incolta);
è un colto, perfino sofisticato;
è un moderno, all’epoca un Romano (certo non un Greco), al Foro o al Senato, potrebbe chiamarsi Caio o Giulio o Cesare, o Cicerone, o Catilina, appunto un retore, un logico, un politico;
Caravaggio lo ricava dal suo dire effettivo e individuale (nei Vangeli), non da ciò che poi è stato supposto essere, lo riconosce interessante per ciò che dice, non per ciò che simbolizza o per una tipologia;
dico “ciò che dice”, non “La Parola” mistica e occulta;
lo rappresenta come un uomo solido e capace, che sa il fatto suo, che sa ciò che dice e come lo dice, con accuratezza, nitidezza, e appunto individualità;
compresa l’accuratezza nel vestire, nel radersi (chiaramente si rade, non è glabro);
ha una faccia con nitidezza discorsiva, non da mistico occultista “Volto”;
la fa finita con un Gesù Santone-Profetone-Dione hollywoodiano, niente di ieratico né di sacrificale né di autistico (il Gesù tradizionale è un autistico se non uno schizofrenico, o un paranoico);
non mette in scena un Oggetto ideale, un occulto “Volto”;
associo ma solo per sinpatetica opposizione questo Gesù di Caravaggio al sarcastico Oggettone, anabolizzato pompiere celeste, cui Michelangelo riduce Cristo nel Giudizio della Sistina, che ho commentato più volte:
se Michelangelo lo avesse disegnato come uno Scarafaggio divino, la sua impietosa critica della Cristologia corrente con la correlata iconografia non sarebbe stata diversa.
Ecco di chi è figura una tale figura, e con ciò dico che non sono iconoclasta, ma neppure barocco (coincidentia oppositorum).
Ma perché ho scelto una tale figura?, dato che non sono un cristianuccio?, ricordate “Ucci ucci sento odor di cristianucci”?
Risposta, che do da anni:
perché qui Caravaggio rappresenta un pensatore, ossia l’unica ragione per cui Gesù mi interessa:
qui abbiamo una faccia che rappresenta i connotati del pensiero, non un mistico stupido stupidizzante “Volto”.
Poi, per afferrare tutto questo, c’è voluto Freud.
Milano, 17-18 novembre 2007