Che cosa hanno in comune le elezioni politiche e l’amore?:
risposta, il potere.
L’Ordinamento giuridico conferisce a ogni socio della Società nazionale il potere (non il pasticcio “diritto-dovere”) di eleggere coloro dai quali si formerà il potere del Governo (e del Legislativo):
il caso di astensione dall’esercizio di tale potere è un caso di sanzione spiacevole (per non dire penale) all’intera lista dei candidati.
Se la parola “amore” ha un senso – e per lo più non lo ha, salvo concludere che a rigore non lo ha mai -, esso deriva da un distinto Ordinamento giuridico a sede individuale (non dico ambito individuale, l’ambito può essere illimitato):
essa designa il potere (non conferito ma autonomo) di eleggere uno o più partner per il governo e la legislazione della propria condotta (con ricorrente cor-rezione nel senso di con-reggere).
C’è una pessima consuetudine millenaria, che ahinoi non cade mai in desuetudine, che consiste nel chiamare “amore” l’abdicazione iniziale al proprio potere elettivo del partner:
è il caso del perdere la testa per il partner, perdita del proprio potere, detto anche “innamoramento”:
finisce male, anche come omicidio, più spesso come femminicidio.
Ma non è certo la Cultura a saper essere logica, sull’amore e il potere:
per la Cultura perdiamo la testa, la cultura.
lunedì 4 dicembre 2017