Non conosco alcun significato della parola “grande” aldilà del mio numero di scarpa:
questa potrebbe essere grande come il diametro di una galassia se io fossi un gigante in proporzione:
l’universo fisico è tanto grande da reggere questa inutile fantasia:
inoltre una scarpa infinita non potrebbe esistere neppure intellettualmente, tutt’al più un infinito di scarpe.
Mi sono sempre vergognato alla sola idea di definire Shakespeare un “grande” scrittore, per timore che esca dalla tomba per vendicarsi.
Rispetto all’oscurità psicomistica di “grande” sarebbe meglio parlare di “potere”, e vediamo che i “Grandi” ne hanno poco malgrado l’esibizione barocca, nonché ridicola, di grandeur.
E’ difficile perdonare un Autore minuscolo come quello che ha scritto l’oscenità intitolata “Il ‘piccolo’ Principe”:
noi abbiamo solo un’attenuante metrica nel chiamare “piccoli” i bambini.
Il nocciolo sta nel fatto che la coppia grande/piccolo non si applica al pensiero:
è ciò che si chiama modestia:
vero è che il pensiero (non dei bambini) continua ad abitare in provincia.
lunedì 29 maggio 2017