“AMORE”, VIRGOLETTE

Sabato-domenica 11-12 marzo 2017
in anno 160 post Freud amicum natum

In anni e decenni in cui si mettono virgolette dappertutto, è il caso di scoprire che la parola “amore” è la prima se non l’unica che le meriti in quanto la più equivoca tra tutte da tutti i secoli.

Ma in fondo lo diceva già Platone, maestro di equivoco, quando scriveva (Simposio) che eros, l’amore, è il figlio miserabile della miseria, penìa, e dell’espediente (come si dice “vivere di espedienti”), poros.

Il caso più flagrante e notorio ne è quello dell’innamoramento, detto anche “perdere la testa” cioè il pensiero.

La canzone lo dice in tutti i modi, salvo tenersi lontana dalla conclusione in … eterno, fino alla fede miscredente che almeno “lassù qualcuno mi ama”.

Si osserva che per non perdere questo “amore” si farebbe e penserebbe qualsiasi cosa, patologia, errore, delitto.

Rimane da chiedersi se la parola “amore” vada solo riservata all’illusione più frequente e totalizzante, risposta che non è la mia:
io desumo il suo significato da quello primario, che designa almeno per un momento il regime dell’appuntamento o del patto:
in questo si riassume tutta l’esperienza di tutti, secondo i due versanti del con-venire con esso e dello s-venire da esso.

Non insisto sul già insistito.

P S

Osservo che non c’è perdita dell’amore, né sua mancanza, ma solo minaccia di perderlo, di perdere un oggetto inesistente:
questa inesistenza ha un favoloso potere, l’angoscia ne è il prodotto.

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