Nell’attuale dibattito sulle unioni civili, qualcuno ha postato il messaggio “Amore = famiglia”, un qualcuno che poteva benissimo collocarsi in ambedue gli opposti schieramenti:
ma io domando retoricamente, che cosa gli è venuto in mente? (da una parte e dall’altra).
Abbiamo tutti nozione secolare e personale del fatto che l’esperienza della famiglia può essere catastrofica, o almeno problematica, che per associare amore e famiglia bisogna vedere caso per caso, e che chiameremo “fortunati” i casi favorevoli.
Non diversa è la stolidità dell’errore dell’espressione “amore materno”, che è la Teoria ontologica per cui all’ente “madre” dovrebbe corrispondere il predicato “amore”, una Teoria ovviamente falsa:
“fortunati” quei bambini della cui individuale madre potrà, almeno a volte, pronunciare il predicato “amore” (idem per il padre).
Ogni neonato incontra (ma questo verbo è concessivo, meglio dire che si imbatte) due perfetti estranei nei “genitori”biologici, e gli toccherà di elaborare personalmente i fatti di questo imbattersi, e potremo dirlo “fortunato” se riuscirà davvero a elaborarli (per lo più gli sarà impedito, e finirà anche lui per chiamare “amore” la famiglia):
gli adulti continuano a rifiutare l’idea di essere materia del pensiero del bambino, e specialmente le relazioni tra di loro.
Presupporre l’“amore” in una momentanea congiunzione sessuale di persone sposate ha del risibile, quanto il definirne il prodotto come “frutto dell’amore”.
Anche il neonato è un perfetto estraneo per i genitori biologici:
allora tutti i figli sono adottivi, con famiglia preliminare o successiva:
almeno cominciamo a ragionare, se c’è amore questo seguirà imputabilmente il processo adottivo.
Ho appena cominciato, quanto basta per sospettare che da una parte e dall’altra tutti barano, dato che chiunque bari si tratta in ogni caso di asso nella manica:
la natura.
martedì 26 gennaio 2016