Scrivevo recentemente di ciò che è pace, “non il ritorno del soldato a villaggio e famiglia” (Conto tre, giovedì 7 maggio).
Questa verità si percepiva nelle recenti celebrazioni del 25 aprile, intendo nelle numerose testimonianze di reduci dalla Resistenza.
In esse trapelava che la pace del ritorno alla “pace” non valeva affettivamente il ricordo fresco della guerra.
Era un ritorno all’insoddisfazione civilizzata, resa militata dalla Cultura come rinnegato campo di battaglia (Freud in Il disagio nella Cultura).
La pace insoddisfatta trova anche misura macroeconomica, non microeconomica in cui si cerca di relegarla.
Una volta era anche chiamata “valle di lacrime”.
PS
É stupido come i politici parlano della “Cultura” come di un Cielo costellato di Santi.
martedì 12 maggio 2015