Il titolo di un articolo di ieri ne riassume bene il contenuto [1]:
“Disuguaglianze record: l’1% della popolazione nel 2016 sarà più ricco del restante 99%”.
Tutto viene fatto negli ultimi cinquant’anni per rimuovere la verità che ciò non dipende dall’egoismo e dall’ingiustizia, bensì dal modo di produzione (di ricchezza e povertà):
lo diceva già la frase della mia infanzia veronese che diceva “Soldi fa soldi e piocci fa piocci”:
la miseri-cordia è complice, e non a caso ieri nominavo Lenin che, come Marx, non muoveva dal fine di correggere disuguaglianza o ingiustizia (come Freud non pecco di veterocomunismo).
Io non so se quell’1% è composto di brave persone, di cialtroni, di farabutti:
forse con un esemplare di esso ho appena bevuto un caffè al bar, perché come titolava quel film anche i ricchi mangiano fagioli, e forse appena ha aperto bocca ho desiderato che la chiudesse (e in effetti non ho una grande opinione della haute né del ceto intellettuale che la compiace):
ossia non è detto che la differenza di classe abbia … classe.
Lavoro da sempre sul nesso tra povertà materiale e povertà psichica, sapendo che restiamo lontanissimi dal riconoscere il pensiero come modo di produzione.
La democrazia non ha alcuna incidenza su quella disuguaglianza percentuale:
la politica rimane dispnoica, impolitica.
Quell’1% sociale, in fondo qualunque, rimane inaccessibile come un Dio stupido, impuntato nella sua privacy assoluta, che è il problema psicotico del Poverodio.
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[1] Andrea Greco, Repubblica 20 gennaio 2015.
giovedì, 22 gennaio 2015