Nel sacro non c’è santo
Non potendone più della nostra epoca “furiosamente religiosa” (da Le monde des religions), che poi deriva dalla “religione” il suo focus terroristico, dico anzi ripeto la mia a proposito della fede separandola dalla religione, dalla credenza.
Io non credo affatto in “Dio”:
credo razionalmente in Patrem-Jesum(-filium)-Spiritum, una triade convenzionalmente designata anche “Dio”, perché no? pur di non attaccarsi a questa parola “Dio” come all’attak (per me andrebbe bene come significante anche Wakan Tanka o Manitù).
Basta che la parola non designi l’ammucchiata verbale di tre in unico ente metafisico presupposto che poi si terzuplica cioè si diffrange o fraziona nel passaggio dalla metafisica alla religione (cristiana).
Io ho proceduto alla riabilitazione della “fede” – che ne ha assolutamente bisogno – come concetto o caso di razionalità, perché dei tre “Tizi” sunnominati:
- il secondo è un ente personale fatto-a-uomo (motricità-sensibilità-pensiero) al cui pensiero, che ho modo di valutare razionale, ho sufficiente accesso grazie a certi celebri testi (proprio come ho accesso al pensiero di Platone, Cartesio o Freud), una razionalità che è tale proprio perché è discutibile (in religione non si … discute);
- la prima e la terza sono proposte come enti personali cui non ho accesso conoscitivo se non perché collegati dal secondo al proprio pensiero, enti alla cui esistenza tributo razionalmente fede per mezzo del mio giudizio di affidabilità di tale pensiero, fondata sull’innocenza e consistenza di esso (innocenza e consistenza compongono la salute psichica);
- inoltre di tali enti conosco i rispettivi concetti atti a distinguere e correlare i tre in una relazione ordinata.
Una fede senza religione:
mentre la religione, senza giudizio com’è, è senza fede:
nel sacro, che rifiuto, non c’è santo.
lunedì 29 settembre 2014