Il dibattito bioetico è senza fine, End, perché senza meta, Goal o Ziel:
è la parola freudiana per la meta del moto umano, l’ultima parola della “pulsione” come legge di quel moto che è solo umano anche se appena ieri fossimo discesi dalla scimmia.
In una disputa ancora recente un autore scrive per concludere senza meta [1]:
“Quando si può parlare di individuo? [sorvolo sul fatto che doveva dire “individuo umano” perché anche uno spillo è un individuo]. Quando in qualche momento, tra l’embrione e il neonato, si può parlare di persona umana? [sorvolo sul fatto che “umana” è pleonastico perché delle due l’una, o “persona” ci sta o non ci sta, è praeter necessitatem]. A rispondere a questa domanda qui non mi cimento: lo farei se qualcuno prima mi definisse il termine persona umana” [ma perché non si cimenta lui?]
Il fatto è che il dibattito bioetico soffre retroattivamente di una negazione feroce e non esplicitata quanto all’adulto, la negazione dell’esistenza di atti di pensiero, come tali imputanti e imputabili, atti che fanno la persona in quanto giuridica, realtà giuridica.
Gli stessi psicoanalisti non hanno perdonato a Freud di avere descritto la rimozione come un atto del pensiero, con l’io come agente e come tale reale:
l’embrione non ha l’io, ma lasciamogli il tempo di accadere (non di divenire, poveri Greci!)
Sono più indulgente con l’aborto di embrione che con l’aborto di persona, genocidio di Cultura.
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[1] Lucio Luzzatto, La morula dimenticata (e la blastocisti pure), Il Sole 24 Ore, domenica 10 agosto 2014.
martedì 2 settembre 2014