Una mia interlocutrice mi ha riferito questo lapsus, che le restituirò quando vorrà come diritto d’amore (non d’autore perché non abbiamo stipulato un contratto).
Il lapsus è eccellente perché delinea facilmente i due Diritti di cui parlo, senza bisogno di sbracciarsi in dimostrazioni.
In esso la parola “amore” designa non un predicato, quello dell’eterna stolidità della dichiarazione amorosa, bensì il rapporto in quanto fruttuoso tra autori-attori, una SpA:
annoto che nella partnership il reale dell’altro è assicurato, semplicemente perché trova il posto dal quale può operare (il Diritto ha quel realismo al quale la filosofia aspira ma con scarso successo):
posto il posto, il reale non va dimostrato perché ha trovato posto, fa lui.
Ho ripubblicato la formula dell’amore in La mappa delle mappe di lunedì 3 marzo, la quale mostra che nell’amore siamo degli esoscheletri (logici non fisici):
infatti il rapporto S → AU non è im-mediato, contatto, pur ammettendo ogni contatto possibile incluso quello sessuale, esente da morale perché la morale è il rapporto stesso.
Nella psicoanalisi il fisico divano rappresenta sensibilmente un posto di partner.
Industriatevi voi a mostrare che il bambino potrebbe e dovrebbe occupare un posto di partner anziché di educando:
quando il partner non precede, l’educazione è maligna.
Pochi matrimoni hanno diritti d’amore, bensì pretese confuse con essi, oppure sopportazioni:
non si deve sopportare o tollerare perché – avendo imparato da Voltaire la tolleranza – ho anche imparato che la sopportazione produce intolleranza.
mercoledì 12 marzo 2014