Nell’interpretazione psicoanalitica bisogna servirsi di tutto ciò che è già pubblico, Freud per esempio citava Goethe, o i Grimm:
io l’ho appena fatto citando una delle più celebri canzoni napoletane, Guaglione:
Tu nun canusce ‘e ffemmene
sì ancora accussì
giovane!
Tu sì guaglione!
che t’hè miso ‘n capa?
In questa canzone il figlio è male-detto, malocchio materno senza magia:
la maledizione è la frase-sentenza che l’uomo non è all’altezza della “ffemmena”, diciamo “complesso di inferiorità” per quel che vale.
Lo stupro, delitto restando, è l’atto idiota-debile con cui un uomo obbedisce alla sentenza della propria inferiorità rispetto alla donna (maltrattata).
Si legga Freud quanto al “desiderio di avere un figlio”,
Curre ‘mbraccio addu mammà,
e solo poi mi si obietti se in esso “figlio” non significhi, alla lettera, “testa di c…”, proprio come il guaglione del pallone:
va’ a ghiucà ‘o pallone.
Nell’infanzia osservavo che all’Oratorio “pallone” voleva dire n ragazzi + prete, e che il medesimo schema si ripeteva ovunque altrove, ffemmene in matroneo, fuori e su:
la vera aspirazione gay non è al matrimonio civile ma al matrimonio canonico, se la Storia fosse davvero un tribunale dovremmo classificarla come aspirazione cattolica.
Nella vergogna Adamo si è corrotto aderendo alla Teoria dell’albero (la coppia astratta Bene/Male), mentre Eva se ne era virtuosamente infischiata gustando e offrendogli la mela (non era “ffemmena”).
Adamo è decaduto da “Adamo e Eva la sera vestivano l’abito da sera” non perché il vestito serva a nascondere “vergogne”.
PS
Ma perché il malocchio tocca tanto spesso alle madri?, vittime di questo tristo potere:
ci vorrebbe il Movimento di Liberazione delle Madri.
venerdì 21 febbraio 2014