Un mio cuginetto quando aveva sette anni e io otto, usava e ripeteva l’espressione “Per tua enorma regola”, senza preoccuparsi dello spostamento vocalico operato nell’espressione iniziale “per tua norma e regola” (non escludo l’intervento dell’arguzia infantile).
Oggi faccio mia la sua eccellente deformazione perché norma non è, e radicalmente, regola, la regola è e-norma:
1. la confusione tra regola e norma ricopre sia una parte importante della storia del pensiero giuridico, sia la gran parte del pensiero corrente,
2. ritrovo la nitidezza della loro distinzione – frutto paritetico di una conversazione con Raffaella Colombo – come quella che fa la diagnosi differenziale tra pensiero del bambino normale e psicopatologia precoce (RC le dedicherà al momento opportuno il tempo che merita).
Alla gravità diagnostica associo la grevità verbale:
norma o regola che sia, nel bambino piccolo si tratta di accadere spirituale (psychisches Geschehen, Freud), non di divenire sia pure patologico, ossia l’antica coppia greca essere/divenire è sterile, censoria e invidiosa:
“non devi permetterti alcun accadere!, tutt’al più sviluppati per quanto possibile!”, ossia un razzismo inatteso:
in termini grevi, un porco umano non sarà mai un maiale:
anch’egli è spirituale, con il che “spirituale” cessa di essere una patente di nobiltà.
Ovviamente sfuggirà un implicito appena detto, ossia che c’è continuità tra psicopatologia precoce e pensiero adulto del diritto come regola.
giovedì 16 gennaio 2014