IL MIO AMBIZIOSO FRATELLO LEOPARDI

Abbiamo notizia dal Sole-24 Ore (domenica 3 novembre) dell’edizione in lingua inglese [1] dello Zibaldone di Giacomo Leopardi, riconosciuto finalmente come filosofo a pieno titolo al pari dei “grandi”, e dunque non più sistemato come “Poeta” o “Artista” in quanto categorie della rimozione dell’avere pensato:
sto ancora riferendomi al libro recente Hanno pensato (vedi Contro la divisione di giovedì 7 novembre), associando Leopardi a quelli.

Ciò che dico lo aveva già detto Leopardi in una lettera (?) che ricordo solo a senso, in cui egli era furioso verso un suo ammiratore inglese che appunto lo sistemava tra i Poeti o gli Artisti in quanto categorie di altro-dal-pensiero:
io non sono un Poeta, rispondeva furibondo Leopardi, io sono un filosofo, e aveva ragione.

Lo si vede già nella sua Trilogia (questa titolazione è mia) su “La Donna” – Alla sua donna, Aspasia, Il pensiero dominante – dedicata al delirio di questa pseudosostanza.

Il suo pensiero, almeno negli articoli del Sole, è stato accostato a quello di Nietzsche, ma ciò non fa il peso considerando un passo dello Zibaldone che ho citato più volte [2] :
“Non possiamo sapere né congetturale di che cosa sia capace la natura umana messa in circostanze favorevoli” (4166),
ossia un’ammissione logica che non ha a che vedere né con l’illusione né con la disperazione:
Freud ha seguito, conoscendo poco o niente Leopardi, questo passo (inventando la psicoanalisi).

L’ambizioso Leopardi dall’ambito di pensiero illimitato (“Zibaldone”).

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[1] In Inghilterra da Penguin, in America da Farrar Straus e Giroux.

[2] Giacomo B. Contri, Una logica chiamata “uomo”, 2005.

mercoledì 13 novembre 2013

 

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