Vengo informato da Savino Romani che in un opuscolo – Popsophia, Festival del Contemporaneo, Eroi e antieroi, Pesaro 3-7 luglio 2013 – figura per il tema del giorno (“Vinismi”) la frase:
“Il vino è un risultato del pensiero”.
So bene che è una frase mia, e ciò è accaduto cento altre volte in Convegni e libri:
non ne sono felice né infelice, constato solamente che citarmi non è un vizio molto praticato.
Tutta la settimana scorsa non ho fatto che parlare di questo risultato (dall’ante-fatto all’arte-fatto).
L’acino, oltre la sensazione che di esso ha anche il mio cane (esse est percipi, Berkeley), è a partire dal pensiero che vi è stato investito per un profitto (per esempio il vino):
notabene, per l’essere occorre il profitto (il frutto dell’albero), perché il solo investimento del pensiero potrebbe essere un delirio, che è delirio perché non pensa profitti (idem per l’allucinazione, la visionarietà, l’illusione).
L’essere è economico e giuridico, ma ora non insisto su una rivoluzione che neppure il Comunismo ha saputo sia pure lontanamente pensare(-desiderare), neppure il mio e caro Marx.
martedì 9 luglio 2013