Ne parlo da tempo [1] , ma la cervice è dura.
1° L’essere o sostanza dell’acino d’uva, detto anche “ente”, ha due stati:
quello di ante-fatto, in cui l’acino non ha ancora incorporato in sé il pensiero che esso sia commestibile (dal che viene l’alimento, il mercato, il vino), e in questo caso ha per me come per il cane che gironzola per la vigna, lo stupido essere indifferente di ogni oggetto della scienza naturale, la cui vocazione è appunto quella di trattare l’essere stupido, quello di quanta forma cerebrum non habet;
e quello di arte-fatto, quello del cui essere fa parte il mio pensiero incorporato in esso, il pensiero della sua commestibilità o fruibilità per mezzo del lavoro (tale pensiero è il primo lavoro, che non conosce “sudore della fronte”, e lo chiamo pensiero imprenditoriale):
ecco la prima materia prima:
ciò realizza l’essere come accadere supplementare al divenire degli antichi filosofi, e lo realizza in modo intelligibile a ogni intelletto, e non solo per i “sapienti” (che anzi non ne vogliono sapere).
L’intelletto dei “sapienti” (diciamo i greci) non ha mai amato l’accadere né il lavoro, e hanno lasciato questo allo stato di servitù (il pensiero greco era intimamente schiavista).
Pur di non ammettere che l’essere si distingue in ante-fatto e arte-fatto, i filosofi (capofila Kant) hanno preferito sospendere l’essere in uno stato di morto-vivente detto coltamente “Cosa-in-sé”, non attingibile dalla conoscenza e ancor meno dalla conoscenza comune vorrei dire comunistica.
2° Posso e devo estendere la medesima distinzione nell’essere al “prossimo”:
non esiste il prossimo già pronto o fatto, prima c’è l’ante-fatto detto “simile”;
posso però farlo passare a arte-fatto cioè a prossimo o partner, almeno potenziale, ecco la mia morale.
La nota frase “ama il tuo prossimo come te stesso” riguarda non il simile bensì il partner, il rifiuto del quale per principio può pervenire a liquidare i simili a milioni:
abbandonato nel suo essere allo stato di antefatto, l’acino nel suo divenire si limita a marcire, mentre l’uomo nel suo divenire può essere … lasciato crepare o può (di)venire ucciso.
Chi l’avrebbe detto che il prossimo è una materia prima?
In opposizione ecco ancora Kant:
il suo rifiuto di distinguere l’essere in ante- e arte-fatto si è riprodotto nella sua morale, che altro non è se non la strategia micidiale del rifiuto del partner, per mantenere il simile nel regime dell’indifferenza o dell’ostilità:
perfino l’ostilità spassionata-disinteressata cioè kantiana del kantiano-nazista Eichmann, che candidamente e correttamente si dichiarava kantiano.
L’amicizia del pensiero che promuovo, promuove il partner e il pensiero come lavoro libero, promuove l’essere a arte-fatto:
al mondo non esisteva ancora una “Società Amici del Pensiero” – con il pensiero come difensore dell’essere –, che ha in Freud il suo iniziatore.
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[1] Ho dedicato a ciò la giornata di sabato u. s., il mattino a Milano per concludere il Simposio annuale della “Società Amici del Pensiero”, il pomeriggio a Bologna alla libreria Feltrinelli, in dialogo con Stefano Bonaga su Materialismo e empiriocriticismo di Lenin.
lunedì 1 luglio 2013