ZAGREBELSKY DELLE LARGHISSIME INTESE

Il suddetto ha appena scritto La felicità del pensiero [1], ma quale?, quale pensiero e quale felicità?:
“Gli antichi, con perfetta ragione, affermavano che la felicità è il compimento di ciò che è ‘per sua natura’, cioè è la realizzazione di ciò cui la natura aspira”, e prosegue:
“Possiamo allora dire che nelle idee noi troviamo la felicità, per la parte [sott. mia] di noi che riguarda la mente.”

É ciò che ahimè e ahitutti si pensa a tutte le latitudini da millenni, a destra e sinistra, e in modo puro senza “inciuci”, senza compromessi né corruzioni, lo pensano anche i 5S:
la corruzione (del pensiero) è sistemica, il governo a larghissime intese dell’umanità è dunque assicurato (come voleva Platone)

L’acino non è l’inizio naturale del vino ma la sua base materiale e solo come materia prima, quando è:
essa inizia ad essere quando ha incorporato l’idea che dell’acino possiamo farci qualcosa, il vino, che non ha alcuna predestinazione, premessa, promessa, aspirazione, potenza o presupposto in natura (né in mente dei):
non esiste il vino naturale, è tutto artificiale.

Materia prima significa che prima non c’era materia, che il pensiero ha fatto essere la materia rispetto alla sua indifferenza per la natura animale (e anche per l’intelletto non pronto):
lo stesso per i sessi, che negli animali è un incrocio di indifferenza, frigidità e eiaculazione precoce (avete mai visto la comica copulazione di due cavalli?), insomma come dico sempre non esiste istinto, la vita sessuale è come il vino, fatta di pensiero.

La felicità è il vino, un’idea incorporata nella materia:
non si dà distinzione tra felicità ideale e felicità materiale, questa distinzione è solo una vecchissima truffa.

L’idea del vino assume la rappresentanza (concetto  giuridico, Repräsentanz: Freud) dell’acino, della natura, il pensiero assume la rappresentanza della natura:
non faccio che sviluppare il pensiero che il pensiero assume la rappresentanza del corpo, il che lo fa umano, artificio e non natura, cibo e sessi, bocche parlanti e occhi leggenti, cervello percipiente e inferente.

Nelle idee sine materia non c’è nessuna felicità, esse imitano la natura nella sua frigidità:
per dirla tutta, sono pensiero schizofrenico.

É antica la folle incidenza politica del pensiero dell’essere e dell’ente:
l’acino viene ad essere, e non si tratta di divenire ma di accadere:

nell’idea non accade nulla, l’idea del vino fa accadere l’acino, e non c’è felicità che nell’acino per il vino:
“per” significa lavoro, che inizia dal pensiero che fa dell’acino una materia prima.

Senza il pensiero la natura è catatonica, come il pensiero senza lavoro (schizofrenia, come quella di Narciso che non lavora).

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[1] La Repubblica, mercoledì 10 aprile 2013.

giovedì 11 aprile 2013

 

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