Ricordo benché vagamente un racconto in cui Cechov ironizza su quelle persone che hanno sempre in bocca l’espressione “Che strano!”
Arricchisco la corretta osservazione di Cechov completandola con l’osservazione di Freud, ossia che noi umanità recepiamo gli eccitamenti esterni, che sono sollecitazioni o vocazioni, o con favore oppure con ostilità:
il secondo caso si chiama paranoia, che ha diversi gradi e forme, per esempio “Che strano!” cioè estraneo o straniero, o anche “Che cosa vuole da me?” sottolineato da J. Lacan (“que me veut’il?”):
se l’eccitamento è come tale strano-straniero, io sono una provincia aggredita dall’eccitamento, insomma sono un provinciale, uno straniero per stranieri, un paranoico.
Il vero provincialismo è psicopatologico, quello per cui è ostile anzitutto un pensiero nuovo, anzi no, un pensiero:
il caso più istruttivo è quello in cui la fonte di un pensiero imprevisto, o eccitamento, sono io stesso (lapsus, sogno), e io stesso proprio come un giornale, un romanzo, o la frase udita da qualcuno.
I nostri deliri sono molto più frequenti di quelli psichiatrici, e diseconomici come questi fino a distruttivi.
PS
Venerdì e anche ieri ho riparlato del “padre”, dicendo con Freud, Lacan e Gesù che il padre non è il papà ma solo il “Padre nostro”, con l’aggiunta che non sta “nei cieli” semplicemente perché il “Cielo” non esiste (se non come inferno), e che non ha nemmeno più bisogno della parola tradizionale “padre”:
i papà di oggi sono nei guai, perché non riescono a pensarsi che come padri in sedicesimo, salvo delirarsi nell’Ideale paterno, bonaccioni o perversi.
lunedì 4 febbraio 2013