In tutte le tradizioni morali la parola “piacere” è variamente rigettata, anche solo e inapparentemente per ricorso alla Teoria del bisogno, anzitutto quello alimentare:
Freud ha rifatto ordine nell’esperienza osservando (è così che lo riassumo) che non si mangia per vivere ma si vive per mangiare (lui l’ha chiamato “pulsione orale”):
questa massima trova obiezione nell’anoressia.
Introduco l’osservazione di un altro piacere raramente osservato, anzi classificato nella Teoria del bisogno, un piacere che dura ventiquattro ore su ventiquattro, quello di respirare:
non si respira per vivere ma si vive per respirare.
Tutti sanno la prossimità tra respirare e parlare:
tanto quanto tutti possono osservare il piacere del bambino a parlare.
Dopo una difficoltà diciamo bene “Si respira!” per denotare soddisfazione.
Freud è stato uno spirituale inedito, stante la prossimità tra “spirito” e respiro:
in Freud lo spirito non solo non si contrappone alla materia (il corpo), ma ne forma non l’anima ma il moto (per i patiti d’anima potrei concedere che anima il moto).
martedì 8 gennaio 2013