Perché rinunziamo? è un articolo di Corrado Alvaro del 1944, citato nel recente libro di Salvatore Settis Azione popolare. Cittadini per il bene comune, appena recensito da Barbara Spinelli [1]:
la domanda è importante perché collegata con crisi e finanza.
Né Alvaro né Settis né Spinelli mostrano di sapere, mi pare, che il tema della rinuncia è quello principale di Freud, la rinuncia dell’individuo civile (chiamata Triebverzicht o rinuncia pulsionale):
e siamo sempre lì.
Sposto la domanda in A che cosa rinunciamo?:
risponde bene Maria Delia Contri [2]:
“L’alternativa tra un modo di pensare che accetta, anzi esige, ‘sacrificio dell’intelletto’, e un modo di pensare indisponibile a rinunciare alla propria competenza, più che un’alternativa è un antagonismo, un conflitto insanabile, e vale per essa la tesi weberiana circa ‘l’impossibilità di conciliare e risolvere l’antagonismo tra le posizioni ultime in generale rispetto alla vita’ ”.
La rinuncia è al pensiero, al pensiero in quanto profittevole:
il pensiero in quanto profittevole fa il laico (allora Kant è clericale).
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[1] Scene da un patrimonio, la Repubblica martedì 6 novembre, 35.
[2] In Manager dell’occulto e volgo profano, Link
venerdì 9 novembre 2012