MATRIMONIO-MANICOMIO

Ho perso il conto del numero di volte che ho udito questo lapsus, per lo più accompagnato dai soliti risolini rimuoventi, e in effetti non c’è nulla da ridere.

Invece c’è tutto da dire, ma già noto da secoli, e per questo non ripeto ciò che tutti sanno rimuovendolo:
è l’ordinario manicomio uomo-donna, identico nell’Opera, a San Remo e in tutta la canzone, al cinema e nella letteratura.

Tanto più è interessante il lapsus, quanto più lo è la possibile connection uomo-donna, che se riesce è una SpA, e non ha nulla di manicomiale.

Il matrimonio gay è un’estensione del lapsus, non è un manicomio solo perché aspira a ripetere l’ordinario manicomio.

Il manicomio inizia dal nome, “matrimonio”, perché semmai dovrebbe trattarsi di patrimonio nel senso di acquisizione legittima di beni, e senza paternalismo alcuno.

Ripeto che riconosco ragione a Pio IX (Sillabo) quando condannava l’idea di sacramento del matrimonio come benedizione celeste sul rito civile, ossia come crema religiosa sulla torta:
una tale idea ha sfondato il rischio di benedire il manicomio.

venerdì 5 ottobre 2012

 

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