ESSERE (FINALMENTE!) UN INCOSCIENTE

Sabato domenica 13-14 ottobre 2012
in anno 156 post Freud amicum natum

 

Esplicito l’articolo di ieri mostrando che la figura della coscienza è solo una cattiva idea che, una volta installata, opera come daziere:
invece, c’è solo il pensiero che, in difficoltà come il cittadino di una città bombardata, trae tutte le conseguenze possibili della minaccia, e questo cittadino-pensiero è quello che Freud ha chiamato “inconscio”.

Questo pensiero veicola il sapere di una minaccia, ma si è perso come soggetto titolare di questo sapere, e l’io debile mistificherà il sapere con l’invenzione di una qualche causalità delle proprie mosse:
quando rientrerà in questo sapere, nel senso di rientrare nel possesso del proprio diritto anzi costituzione, saprà che la minaccia era vana, era imposta come presupposta.

La figura della coscienza merita dunque il commento “che figura!”
l’“inconscio” non è dunque la negativa della coscienza, e tanto meno uno stato decurtato della coscienza (è la coscienza a decurtare), bensì è il pensiero stesso nel conflitto con l’invasore del pensiero.

Il cosiddetto “inconscio” contesta la “Cultura” tanto intessuta di coscienza doganiera, il cui potere sovrasta e umilia i pubblici Poteri.

Quando dormiamo la perdiamo, la coscienza (finalmente!), e allora abbiamo quel pensiero sdoganato che chiamiamo “sogno”, e che al risveglio ricordiamo solo nel compromesso con il doganiere:
ci serve uno stato di veglia che almeno integri la facoltà dello stato di sonno.

L’in-cosciente con inconscio ha pensiero e sapere, e affetto per ciò che gli sta a cuore.

Premessi gli articoli di ieri e oggi, la coscienza morale è immorale:
essa ha prodotto ingenti danni nella storia del cristianesimo:
inoltre la storia del comunismo è stata sfavorita dall’uso ossessivo dell’espressione “coscienza di classe”.

Solo il pensiero sdoganato è fonte di moralità.

 

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