C’è guarigione quando viene riconosciuto che la propria patologia è la stessa, con varianti, di tutti gli altri nella civiltà:
conviene riconoscerla anche nelle sue versioni dozzinali-culturali (letterarie, saggistiche, cinematografiche, televisive, giornalistiche, o salottiere), in cui le diverse patologie passano a offerte sugli scomparti del supermercato culturale, e dunque sottratte al loro riconoscimento.
Con ciò scompare l’idea della patologia come di un’interiorità privata, di un segreto personale penoso da proteggere, dell’individualità come interiorità o esigenza che eventualmente prorompe come domanda mite o violenza, appunto cultura.
e compare l’idea di averla costruita da sé come compromesso difensivo come cento altri simili a me, ossia che di personale c’è la competenza difensiva del pensiero, che nella guarigione potrà essere diversamente orientata.
Tra l’altro, chi può parlare meglio della rimozione se non chi ha smesso di ricorrervi?
martedì 18 settembre 2012