Piergiorgio Odifreddi [1] non ammetterebbe nessuna delle quattro rivoluzioni scientifiche post-copernicane che recentemente ho riproposto (3° rivoluzioni del pensiero, venerdì 3 febbraio, insieme agli articoli che hanno preceduto e seguito di poco):
meno che tutte quella riguardante l’istinto o l’animalità dell’uomo, anzi sospetto che gli sia impensabile.
Non meno impensabile del fatto che l’uomo è razionale anche quando è irrazionale:
è il concetto stesso di “contraddizione”, dopo di che cercheremo la ragione della contraddizione, ed ecco l’opera di Freud.
Bisogna proprio essere bestia per credere che l’uomo si contraddice perché è un po’… bestia (magari “graziosa e benigna”).
La logica resta incompleta finché non si riconosce la contraddizione necessitata o coatta dall’angoscia nella psicopatologia, per risolvere in qualche e inappropriato modo un impedimento del corso del pensiero, che allora farà un giro errato, patogeno e spesso pericoloso:
Freud ha fatto la scienza di una classe di errori logici (e anche qualcosa di più).
Considero ora, di Odifreddi, la conclusione veterinaria sulla scienza riferita all’uomo, la medicina, cito:
“Che cosa c’è di più importante, per l’uomo, dell’uomo stesso? [ovvio]. Lo studio dell’uomo è quello che ci interessa più da vicino [ovvio così-così, perché anche l’entomologia è studio], e la medicina è il tentativo di rendere scientifico questo studio in generale e la cura delle malattie in particolare [ovvietà nulla]”.
Infatti, tutta la medicina è una veterinaria differenziale (anatomo-patologicamente, fisio-patologicamente, e in generale biologicamente: è una veterinaria), interpolata da apporti propriamente umani (in particolare, da quella che in altri tempi si chiamava ancora “psicosomatica”).
Da decenni, e non per colpa di Odifreddi, siamo pervenuti alla negazione della psicopatologia come propriamente umana, a partire dalla negazione dell’isteria e subito della nevrosi:
non recedo dalla diagnosi di perversione della Cultura:
puerile e violenta.
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[1] Non sento il bisogno di renderlo noto, da anni frequenta le stampe.
Al momento mi riferisco al suo poscritto dal titolo In sintesi a: Umberto Veronesi, Pasteur, La Biblioteca di Repubblica, 2012, che sto per menzionare.
martedì 7 febbraio 2012