4° RIVOLUZIONE ECONOMICA DEL PENSIERO, O L’OPPORTUNITÀ ODIERNA PER IL PENSIERO

QUATTRO NOTE SULLA SCIENZA

 

Qualche decennio prima che lo dicesse Freud era già stato detto, e precisamente da Marx, che il fattore economico è quello in ultima analisi determinante:
Freud lo ha detto (in modo impensato da Marx) nel suo “punto di vista economico”, facendo della soddisfazione individuale una questione economica:
ossia che la soddisfazione è tutta una faccenda di investimenti e profitti, al che di mio ho aggiunto, o almeno esplicitato, che è una faccenda di partnership produttiva, fino a schizzare un vero e proprio Regime (giuridico-sociale-politico) dell’appuntamento

Si tratta di una rivoluzione del pensiero [1] da articolare (non semplicemente aggiungere) a quelle appena riproposte (3° Rivoluzioni del pensiero, venerdì 3 febbraio):
con i filosofi convengo che la filosofia è metafisica, ma con Freud convengo che la metafisica è economica (“metapsicologica”), e del resto, come ripeto da anni, l’uomo come tale è una realtà non naturale bensì solo metanaturale (non c’è “animale razionale” o istinto):
è solo per completezza che aggiungo che anche ogni morale è economica, che non si tratta di iniettare morale nell’economia, e che le morali si distinguono solo tra economie malfamate e economie degne di fama.

Non richiamo ora ciò che ho già scritto del salario, rammentando la verità di Marx intorno al salario, e anche implicando il pensiero francescano (“povertà”) sul salario:
e anche il pensiero freudiano, perché per il corpo-pensiero (Körper-ich) il salario umilia la soddisfazione.

Tutte le “battaglie” politiche anche di oggi restano per il salario, senza speranza alcuna perché risolvono il problema riproducendolo (o anche, pensando la vita come sopra-vivenza):
e non serve rispondere con la pseudomodestia di “intanto facciamo quello che possiamo”.

Se il pensiero è in ultima analisi economico, i nostri ultimi anni ferocemente (dis-)economici (anche nella diffusa patetica miseria del pensiero e della lingua) potrebbero costituire un’opportunità per il pensiero ordinario di ognuno:
la puerilità della nostra Cultura è attestata dal fatto che a nessuno viene in mente di insegnare economia insieme alle tabelline:
o di trasformare un incontro sindacale su due in lezioni e discussioni di economia.

Da una scienza ci si attende che sia predittiva:
ora, questa crisi è stata così poco predetta dalla scienza economica, che anche oggi non si osa predire nulla, tanto che sarebbe ragionevole attendersi da ogni cittadino un po’ avveduto e di media cultura ciò che si attendeva dalla scienza economica.

Si darebbe prova di un po’ di “resistenza umana”, anzitutto rifiutando di consegnare all’occultismo il capitale finanziario.

Ero ancora un ragazzo quando trovavo l’occulto il regno della banalità, e la banalità la copertura della violenza.

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[1] É stato Lenin ad averlo capito per il fatto di avere scritto Materialismo e empiriocriticismo, 1909, che è l’opera di Lenin cui devo di più.

lunedì 6 febbraio 2012

 

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