TITOLI, E POSCRITTO

Sabato domenica 5-6 novembre 2011
in anno 155 post Freud amicum natum

 

Non esistono Scuole atte a conferire i Titoli di imprenditore, politico, filosofo, scrittore, amante, genitore, psicoanalista
– dimentico qualcosa?, per esempio giornalista, ma la discussione è in corso, e anche economista e giurista, e anche ovviamente avvocato della salute –,
con le rispettive autorizzazioni.

Ma non è una lacuna legislativa e culturale:
colto e giurista è chi si permette di procurarseli, cioè li considera supplementi di civiltà, e so bene quanta cura vi pone chi se li procura:
so anche bene che vandalismo e malevolenza prendono il posto della cura.

Nella psicoanalisi la parola “cura” ha ogni significato.

“Cura” non è un concetto difficile, essa riguarda le virgole, ricordo la perfezione di quella battuta attribuita a Oscar Wilde:
“Quella sera ero stanchissimo, avevo passato la mattina per decidere di mettere una virgola, e il pomeriggio per decidere di toglierla”.

Quando mi dicono “Non ho il titolo”, ricordo quell’unica donna che avrei strangolato con il sorriso sulle labbra:
mi piaceva, ma mi rispose “umilmente” che non era degna di me:
negando il suo titolo contrastava il mio.

Poscritto

C’è un titolo aggiudicatomi dalla Bibbia che tengo e al quale tengo, “a immagine e somiglianza (di ‘Dio’)”, e senza Laurea in Teologia.

questo Libro narra un mito d’origine che non presuppone l’esistenza del Protagonista, tuttavia fornisce un’informazione preziosa, quale?:
che se vogliamo sapere qualcosa su “Dio” possiamo farcene un’idea a partire appunto dal suo simile:
allora ci vuole poco a cogliere che “divino” è un nome del pensiero in quanto non causato;
e poiché nel Libro il pensiero dà “nomi alle cose”, se è vero come io dico che essi sono anzitutto nomi di azioni, allora questa attività è legislativa, niente di più divino.

Inoltre, il mito d’origine ci fornisce una preziosa informazione sulla somiglianza di questo “Dio”, se esistesse, all’uomo:
egli ha creato in sei giorni mentre in tutta la sua astratta onnipotenza avrebbe potuto farlo con un istantaneo schiocco di dita, in altre parole ha posto cura come un buon giardiniere (per anni ho conosciuto io stesso il piacere del giardiniere, avevo un enorme e vario giardino):
in più “vide che era buono” cioè gli era piaciuto, e gli era piaciuto averlo fatto, cioè aveva un principio di piacere, cosa che tutte le teologie trascurano.

In mancanza del carattere primario di questi due tratti, pensiero e principio di piacere che poi sono un fatto solo, tutti gli attributi divini decadono a paccottiglia del supermercato attributivo dei Supereroi.

Del cristianesimo apprezzo l’asserzione che pensiero e principio di piacere (“Dio”?, vabbé) stanno bene nella pelle d’uomo, fino ad acquisirla (“incarnazione”)  e mantenerla (“ascensione”) come senso:
dunque non senso religioso, e in effetti il cristianesimo non è religione.

Il nocciolo razionale del mito della creazione dell’uomo è che “Dio” si è procacciato ab aeterno la materia prima della pelle d’uomo:
lascio ormai ad altri quelle speculazioni sulle origini (mi interessano ormai le fonti non le origini), alle quali mi sono già dedicato in età liceale (ricordo per esempio il “Primo Adamo”).

 

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