RITORNO DEL DIMISSIONARIO

Questo non-Governo sta per cadere, forse per dimissione:
era ora, commento con tanti altri, ma nella gerarchia dei miei pensieri questo viene al 90° posto.

Ma se anche fosse stato un Governo ossia qualcosa, o se ora ce ne sarà uno, quanto si estende?, o anche quanto si estende – nella politica – il Governo-Parlamento?:
rispondevo già che si estende, a dir molto, sul 5% della politica:
il restante 95% della politica è composto dai nostri appuntamenti di affari, inclusi quelli amorosi che (mi ripeto) sono amorosi se sono affari:
si veda ancora Il regime dell’appuntamento. Quid ius?

Osservo da tempo che quanto maggiore la patologia personale, tanto maggiore è l’identificazione della politica con Governo-Parlamento ossia con il 5%:
simultaneamente, nella patologia si pensa come anarchico l’appuntamento, e in definitiva il pensiero stesso.

Il 90% della politica è l’ambito del permesso giuridico, ossia di tutto ciò che non è espressamente proibito:
politici come saremmo per vocazione, lo siamo pochissimo.

C’è una legge:
o ritorna senza pietà il rimosso, o ritorna il dimesso o dimissionario cioè il soggetto:
siamo cittadini dimissionari dalla prima Istituzione che ci fa cittadini, il Primo diritto o pensiero.

La “crisi” che ci riempie la bocca fino a renderla muta – potremmo inventarci “crisi in bocca!” – è crisi del regime dell’appuntamento:
proprio come la depressione economica non si distingue dalla depressione psichica che è depressione del pensiero:
è il pensiero che vivere è sopravvivere.

Da decenni non conosco quasi nessuno – anche al cinema o nella letteratura, nella saggistica e nella psicologia corrente – che non lo dica convintamente:
un con-vinto è un vinto, e non perdonerà a costo di farsi persecutore e boia (ricordo i “mal-battezzati” di Freud).

martedì 8 novembre 2011

 

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