IL PATTO COL DIAVOLO

La leggenda del patto o contratto col diavolo, resa celebre dal caso di Faust, è secolare, probabilmente di origine medioevale (Le Miracle de Théofile, metà XIII):
in questo mercato, al diavolo è venduta l’anima in cambio di certi benefici terreni:
ne parlo non per tornare su questa Idea platonica, intellettualmente risibile quanto indistruttibile, ma come occasione per due osservazioni la seconda delle quali importa più della prima.

1° la prima è che per credere nell’anima ci vuole proprio il diavolo (ecco il senso critico della leggenda), che arriva a far credere che sia un bene barattabile.

Le versioni popolari della leggenda mettono in scena un diavolo astutamente imbroglione che giocando sulle parole non osserva il patto:
ma prima che imbroglione è logico, infatti sapendo che l’anima non esiste non ha motivo per rispettare un patto che non esiste.

2° la seconda e più importante è che la credenza nell’anima, specialmente nelle tradizioni religiose, una credenza non dogmatica ma iperdogmatica cioè senza la cura logico-linguistica dei dogmi, è solo uno stupido assurdo rimasto inspiegabile salvo appunto spiegarlo:
io me ne faccio un’idea precisa, ma ora mi accontento di collocarlo alla pari con l’Oggetto dell’innamoramento, un Oggetto esistente solo per chi ha “perso la testa” letteralmente.

Far perdere la testa è oggi la predominante attività politico-culturale, bi-partisan.

PS

Ho definito “indistruttibile” questa Idea anche perché, dopo Freud che aveva posto che non c’è anima bensì pensiero e, aggiungo io, che l’anima è il sostituto logicida del pensiero, è poi arrivato Jung a riasserire l’anima:
vediamo che non c’era bisogno del diavolo, visto che Jung era solo una brava persona:
una brava persona, che ha fatto un’indagine di mercato e ha scoperto che poteva diventare lo Psicologo degli spiriti religiosi.

lunedì 24 ottobre 2011

 

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