L’AMBASCIATA ITALIANA ALL’ESTERO

Sabato domenica 17-18 settembre 2011
in anno 155 post Freud amicum natum

 

[Appena udita da Sara Kayal questa eccellente metafora della psicoanalisi, le ho proposto di scriverne alcune righe, che pubblico.]

L’Ambasciata è un luogo in cui si ha voce in capitolo, si viene ascoltati e si è tutelati semplicemente perché si è cittadini della nazione da essa rappresentata.

È un luogo pubblico e inviolabile, con pienezza di legge in quanto politicamente amministrato dal paese di cui siamo cittadini.

Nella condizione di straniero, se si varca la soglia dell’Ambasciata del proprio paese di appartenenza, si riacquista immediatamente la titolarità della propria cittadinanza, si ritorna sotto il diritto del proprio stato, non è necessario un permesso di soggiorno.

Immaginando di essere in un paese islamico dove è proibita l’importazione e consumazionedi alcolici, a un ricevimento in ambasciata si potrà bere vino senza incorrere in sanzioni

Essere in quel territorio rende legittimo qualcosa che, fuori dal portone, era trattato come illegittimo se non illecito.

In terra straniera si sta in un terreno incerto con anche un’idea sproporzionata di pena nel caso di trasgressione.

La patologia rende stranieri.

Si potrebbe dire che essersi accomodati sul divano dell’analista rende legittimi certi pensieri o meglio rende legittimo il pensiero che all’esterno era “da straniero”.

L’analisi rende il pensiero alieno da restrizioni, “Qui si può bere vino”.  È permesso pensare tutto, tutela dai più ottusi regimi, dai propri regimi.

Lo psicoanalista è colui che restituisce la cittadinanza all’analizzante che si trova nella patologia e quindi in terra straniera.

È auspicabile che l’Ambasciata allarghi i suoi confini [richiamo l’attenzione su quest’ultima frase – ndr].

Sara Kayal 

Commento
L’Ambasciata italiana in Italia

 

Do seguito alla ndr, beneficiando dell’occasione offertami da questo breve scritto.

L’Autrice ha correttamente tratto l’auspicio così formulato, ma al tempo stesso l’intero Diritto internazionale si opporrebbe a quella che sarebbe un’invasione (diciamo che l’Ambasciata italiana in Kuwait non può allargarsi al Kuwait).

Premesso il suo breve articolo, penso che Sara Kayal convenga con me nell’idea che esso dovrebbe venire seguito, per risolvere il conflitto, da un secondo intitolato “L’Ambasciata italiana in Italia”.

Ricapitoliamo:
Freud ha dovuto riparare in Inghilterra perché i Nazisti avevano invaso l’Austria:
ma giuntovi, pur elogiando la “bella, libera, magnanima Inghilterra” in cui era “libero di parlare e scrivere”, non poteva concedere di esservi libero di pensare, e senza alcuna invasione nazista.

E’ proprio per esservi libero di pensare che ha fondato la psicoanalisi, ossia l’Ambasciata inglese in Inghilterra (come pure, prima dell’invasione nazista, l’Ambasciata austriaca in Austria), con gli psicoanalisti come Ambasciatori.

Ma non so se, diversamente da Italia Austria Inghilterra, un paese arabo-musulmano come il Kuwait ammetterebbe un’Ambasciata kuwaitiana in Kuwait:
né io la vorrei clandestina, e non per timore della sanzione penale.

L’Ambasciata detta “Psicoanalisi” non è in difetto di legalità − non potrebbe riceverne neppure se l’intero Parlamento volesse conferirgliene −, è il Paese in cui ha sede a soffrire, ignorandolo, di questo difetto.

L’Ambasciata italiana in Italia non invade né conquista l’Italia, sul modello di un Governo in esilio o un Governo rivoluzionario:
non per il suo esilissimo Potere, ma per avere visto l’impotenza del Potere a potere (un’ovvietà dei giorni nostri).

GBC

 

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