Molti anni fa (ero al Liceo) iniziavo la mia epoca di chiarimento di ogni questione, che sarebbe durata fino a oggi.
Però ho poi dovuto osservare che tra i miei compagni di allora e me la strada si è divaricata:
la maggior parte di loro si è gettata verso il destino
− è stata perfino coniata l’espressione “Compagnia per il destino”, cioè una Narrenschiff −,
mentre io verso la guarigione dal destino come patologia
(molti di quei compagni oggi me ne vogliono).
E infatti quest’anno ho introdotto come segue il lavoro psicoanalitico (nel caso, come il Seminario di “Il Lavoro Psicoanalitico”).
Il tema e testo Il Regime dell’appuntamento [apparirà venerdì] dà l’indicazione per il lavoro psicoanalitico di questo anno.
Anticipo che da molti anni porto alla luce il fatto che la parola freudiana “Psicoanalisi” designa solo un particolare caso, storicamente inedito fino a Freud, di Regime dell’appuntamento, un’impresa a due partner.
Ho già osservato la sicurezza con cui Freud ha usato la parola “amore” proprio a questo proposito, con presenza dell’affetto (non scisso dalla rappresentazione) senza tante effusioni, emozioni, e ancor meno innamoramento.
L’esposizione di casi sarà quella di appuntamenti mancati, di tutte quelle forme di s-venimento dall’appuntamento che sono le psicopatologie:
e di quell’appuntamento detto “psicoanalisi” che offre l’occasione favorevole di guarire dal destino (psicopatologia) per accedere al fine o meta, possibile con la mediazione di un partner.
L’appuntamento non ha destino bensì meta:
è la distinzione implicita al titolo freudiano Pulsioni e destini delle pulsioni.
“Destino”, che brutta Idea!
Freud non ha sviluppato questa distinzione benché già sua, ma non glielo rimprovero, l’ho fatto io nell’appuntamento con lui:
ma capisco che sarebbe meglio non dover aspettare che uno sia morto:
diciamo che la “comunione dei santi” non dovrebbe aspettare il campo … santo:
siamo sempre in ritardo (sull’appuntamento).
mercoledì 14 settembre 2011