“CREDO QUIA ABSURDUM” VERSUS APPUNTAMENTO

Non me ne occuperei ancora se non riguardasse ben altro che le religioni.

Freud ne ha parlato con chiarezza in Lavvenire di unillusione (cap. 5), sul quale non torno, salvo annotare solo ora che egli lo qualifica “di natura violenta”.

Questa proposizione attribuita a Tertulliano, “Credo perché è assurdo”, mi risulta definitivamente chiara solo da poco:
nella frase “assurdo” non designa anzitutto il contenuto del credere bensì l’atto del credere, e solo da questo momento possiamo spostarci sul contenuto.

Tertulliano affermava di non sapere che cosa diceva proprio nel pronunciare la parola “credo”, ma lui stesso non se ne rendeva conto, e quasi tutti dopo di lui:
ma involontariamente ci ha reso un servizio, segnalando all’intera umanità l’ignoranza del significato di questa parola.

Io ritengo di averlo realizzato proponendo “fede” come nome del giudizio di affidabilità, razionale come tale (giudizi di innocenza e di consistenza uniti):
posto questo concetto, allora sono con San Paolo quando dice che il giusto vive di fede:
allo stato, il numero dei giusti non supera quello di Abramo a proposito di Sodoma.

É il giudizio di cui vive il regime dell’appuntamento, cosa molto pratica e quotidiana.

Ciò che dico è esigente ma non disperante, alla portata di tutti:
per essere affidabili si comincia dal non avere obiezioni di principio ad alcunché, atto o persona o inferenza.

giovedì 29 settembre 2011

 

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