DIRITTO: LA CITTÀ DEI MALATI

Il Diritto, quello che chiamo Secondo detto statuale, nella sua necessaria parzialità nel configurare gli affari o comportamenti umani − questa precisazione meriterà di venire estesa − introduce nella convivenza civile una limitata misura di normalità che diversamente mancherebbe.

In passato scrivevo l’aforisma:
due sono le Città: una è quella dei malati [1]:

l’altra e prima è quella del Primo diritto, quel Diritto anch’esso positivo che chiamo anche Regime dell’appuntamento, che è il regime della normalità o salute psichica o salute del pensiero (condensato in un altro aforisma “La vita psichica è una vita giuridica”).

Rammento la mia definizione di isteria come quella che obbedisce alla legge patologica “Aspettami, io non vengo” ovvero s-vengo:
segue lo svenire comunemente noto, diciamo quello immortalato da Charcot, come un suo caso particolare.

Le diverse patologie − 1. nevrosi, 2. psicosi, 3. perversione, 4. psicopatologia precoce − sono le diverse forme di s-venimento dall’appuntamento, e in questo senso e solo in questo senso sono tutte sociali.

Il Diritto comunemente inteso pone parziale riparo alla patologia.

Se muoviamo dall’adagio latino recepito dal Diritto internazionale e civile, “pacta sunt servanda” − i patti sono appuntamenti con un contenuto definito −, il Secondo diritto rende obbligata l’osservanza di alcuni tra i patti, anzitutto i contratti.

Ma anche il Diritto penale lo fa:
per esempio punendo l’omicidio esso rende obbligata la condizione generica della possibilità del regime dell’appuntamento, e della Società come quella che predispone tale possibilità per tutti, perché con i morti non può esserci appuntamento.

PS

Così dicendo sono appena intervenuto in un dibattito mai risolto, ossia sulla relazione tra la punizione penalistica dell’omicidio e il Comandamento “Non uccidere”, comunque ne sia interpretata la fonte:
il Diritto non è morale (comunque intesa) distinta dal Diritto appunto:
esso assicura la Società come l’ambito universale, cioè riguardante tutti, in cui l’appuntamento è possibile.

Diventa così più tangibile, e non extra- o sopra-giuridica, la parola “Giustizia”:
essa designa ciò che manca al Diritto per essere completo:
per esempio l’ingiustizia salariale, diffusa e flagrante, limita materialmente fino all’estremo la possibilità dell’appuntamento:
la patologia la limita in altro modo ma con lo stesso risultato antieconomico.

Il Primo diritto provvede alla Giustizia prima di attendere (“campa cavallo!”) che si completi il Secondo.

La mia critica del Comunismo − che ritengo essere la medesima di Freud − è che questo attendeva-prometteva la completezza del Secondo senza neppure concepire il Primo, che pesca nella competenza-iniziativa individuale, senza attendere il collettivo:
identica è la mia critica del Sindacalismo e insieme della Sinistra (che nulla hanno a che vedere con il Comunismo):
neppure concepiscono un Primo diritto.

A breve parlerò di Microcredito, Sindacati, Psicoanalisi secondo un medesimo legame logico.

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[1] Riferimento alla Rivista, che ha poi cessato le pubblicazioni, La Città dei malati.

lunedì 4 luglio 2011

 

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