PSICO(ONTO)LOGIA SACRA

Madonne da incubo e varianti, Gesùbambini autistici e varianti, Gesùadulti improponibili e varianti, eccetera, tutta una galleria dell’arte sacra come tunnel senza fine.

Un tunnel di duemila anni con eccezioni, tra altre quella del Raffaello di ieri e del Tiziano riproposto oggi, ambedue commentati con la normalità dell’eccezione da Freud (Lettere alla fidanzata) a paragone con l’agghiacciante Holbein qui sotto.

La Psicologia è secolarizzazione della psico(onto)logia sacra.

Vedere senza credere, il vero miscredente crede prima di vedere (o udire, o leggere come caso-principe del vedere).

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La Madonna di Holbein (e particolari)
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Tiziano, “Cristo del tributo”

 

Freud scrive alla fidanzata Martha del suo viaggio a Dresda:
     «Trovammo infine la galleria dei quadri e vi passammo un’ora, i più vecchi per riposarsi, io per riportarmi a casa qualche fugace impressione dalla famose opere d’arte. Credo di aver acquistato qualcosa di permanente (…). In un piccolo vano laterale, scoprii quel che doveva essere, per il modo in cui era esposto, una perla. Guardai, era la Madonna di Holbein. Conosci quel quadro? Davanti alla Madonna stanno inginocchiate alcune brutte donne e una ragazza piccola e senza grazia, a sinistra un uomo con il viso da monaco che tiene un bambino. La Madonna ha un bambino in braccio e, dalla sua santità,  guarda giù verso gli oranti. Mi infastidivano i visi volgari e brutti delle persone ma seppi poi che erano i ritratti della famiglia del borgomastro di X che aveva ordinato il quadro. Anche il fanciullo malato e deforme che la Madonna tiene in braccio, non è affatto Gesù bambino, bensì il povero figliolo del borgomastro, al quale questo quadro avrebbe dovuto arrecare la guarigione. La Madonna, poi, non è molto bella, gli occhi sono infuori, il naso lungo e sottile, ma è la vera regina del cielo, come l’ha fantasticata lo spirito dei pii tedeschi. Cominciai a capire qualcosa di questa Madonna. Ora sapevo che vi era anche una Madonna di Raffaello e finalmente la trovai (…) con molta gente in silenziosa meditazione davanti a essa. La conosci certamente, la Sistina.  Quando mi fui seduto il mio pensiero fu “se tu fossi con me”. Circondata da nubi, formate tutte da testi di angioletti, la Madonna sta in piedi con un bambino con gli occhi scintillanti sul braccio, da una parte San Sisto (oppure papa Sisto) guarda verso l’alto, dall’altra Santa Barbara guarda in giù verso i due magnifici angioletti che si trovano in basso alla fine del quadro. Da quel quadro emana un incanto a cui non ci si può sottrarre, ma anche contro quella Madonna avevo una importante obiezione. Quella di Holbein non è né donna né fanciulla, la sublimità e la pia umiltà non permette alcun dubbio sulla sua destinazione, quella di Raffaello invece è una fanciulla, cui si potrebbero dare sedici anni, e guarda con tanta freschezza e innocenza verso il mondo; e, un po’ contro la mia volontà, mi venne in mente che doveva essere stata una affascinante creatura umana, che risvegliava la simpatia, e non del cielo ma della nostra terra. A Vienna questa opinione è stata respinta come un’eresia; dato il breve tempo mi sarebbe sfuggita un’ampia pennellata attorno agli occhi, che dicono sia magnifica e ne faccia appunto una Madonna. Un altro quadro mi ha incantato, il “Cristo del Tributo” di Tiziano, che conoscevo già senza averlo notato particolarmente. Questa testa di Cristo, mia cara, è la sola verosimile che possiamo pensare avesse un tal uomo. Mi è sembrato, anzi, di dover credere che egli fosse stato davvero così importante, perché la sua rappresentazione è così riuscita. E in tutto ciò niente di divino, un nobile volto umano assai lontano dalla bellezza, e severità, interiorità, profondità, una mitezza superiore, una passione profonda; e se tutto ciò non si trova in quel quadro, allora non esiste la fisiognomica. L’avrei portato volentieri via, ma c’era troppa gente: inglesine che copiavano, inglesine che stavano a sedere e parlavano sotto voce, inglesine che camminavano e guardavano. Dunque, me ne sono andato via commosso. »

S. Freud, Lettere alla fidanzata, Boringhieri, Torino 1990, p. 70-71

martedì 12 aprile 2011

 

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