Il gergo della perversione è stra-ripante (vedi ieri) sopra la terra del linguaggio, che poi occupa a precipizio come nel disastro del Vajont:
“vabbe’ ”ne è un esempio, così come “non prenderti troppo sul serio” eccetera, e ognuno faccia estensivamente le proprie scoperte sui virus del linguaggio:
si potrebbe ripercorrere l’intera storia della filosofia per ritrovarvi questo gergo confuso con il linguaggio.
Non è la stessa cosa dell’errore:
l’errore diventa perversione quando c’è indisponibilità a priori al riconoscerlo.
Per esempio io ne ho appena commesso uno (ieri), scrivendo “Le pene d’amore da fini l’amour non sono lutto e finiscono come melanconia”:
ora, è sì vero che finiscono come melanconia manifesta, ma la melanconia presiedeva già all’innamoramento, in cui l’altro è anticipatamente sostituito da un oggetto astratto e rinnegante, l’altro c’è ma non c’è:
esempi correnti: una donna sostituita da La Donna, un bambino sostituito da Il Bambino o “scarrafòne”:
è la funzione dell’Ideale, Oggetto incombente che non bada ai morti e feriti che lascerà sul terreno.
Sono patriottico perché riconosco e rispetto il mio paese in quanto la sua esistenza è costituita dalla sua Costituzione che designa l’universo giuridico dei singoli italiani, e non perché ho l’Ideale “Patria” con la sua estesa contabilità novecentesca in morti e feriti:
il Diritto, non la morale separata da esso, né il cuore, risolve dal razzismo, dovrei dire meglio l’apartheid.
mercoledì 23 marzo 2011