PERVERSIONE-TROFEO

Dalla mia visitatrice (che momentaneamente non nomino) apprendo una definizione della perversione come fallimento esibito come trofeo, definizione che acquisisco (non requisisco).

Ho subito ricordato il finale di Zorbas il Greco (1964):
“Hai mai visto un disastro più bello?”

Ho anche pensato al clochard o barbone:
ma l’interesse non è che i barboni sono dei perversi, bensì che i perversi sono dei barboni:
il barbone è un fuori-legge, un fuori-Costituzione, che ritira la mano dopo avere lanciato il sasso:
di solito vive in margine, ma non è escluso che il margine si faccia espansivo in tutto lo spazio.

Elenco appena materiali connessi che non ordino:
nostalgia o melanconia; feticismo e pedofilia; il fallimento di Don Giovanni (1003 + 640 + 231 + 100 + 91 significa non averne nessuna, e la “gonnella” è il feticcio di Don Giovanni ossia invece della donna); il tatuaggio; l’uomo come fallimento.

Fallimento non è perdita:
il perverso non ha lutto, spesso è ipomaniacale.

Di un certo Papa rinascimentale è stata contestata l’indegnità per avere “avuto” duecento donne:
ma no!, come Don Giovanni non ne ha avuto nessuna, era più virtuoso l’esecrato Papa Borgia per averne avuta almeno una, Vannozza Cattanei.

Richiamo Il negazionismo universale: “non è vero niente!” di mercoledì 9 febbraio.

Ripeto che il perverso è il missionario della nevrosi, la quale non si capacita.

venerdì 11 febbraio 2011

 

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