E’ appena uscito, approfittando di una pubblicità sulla prima di Il Sole-24Ore di oggi, il mio breve libro-telegramma intorno a J. Lacan:
Lacan e la diseconomia di partenza
sottotitoli: L’oggetto a ovvero lo “scarrafòne”. Ontologia volgare e libertà”.
Tutto dev’essere a portata di mano, terra-terra come lo è anche una lirica sulla fogna (battuta presente nel testo), con difficoltà lessicali e inferenziali elementari.
Si tratta di passare dalla lingua che fa morti nel pensiero, che è la lingua esplorata da J. Lacan (“Simbolico”)
− la lingua ontologica platonica, parole-cose, predicati fissi senza giudizio cioè oggetti a −,
alla lingua viva dei liberi
− la lingua dell’imputabilità o del giudizio, parole-atti, e sono atti anche quelli intellettuali e verbali, come è atto il giudizio.
Questo passaggio è il mio lavoro, il mio Űbertragungsarbeit o lavoro di “transfert”:
in ultima analisi è questo il “transfert” (Űbertragung), e ho tradotto Űbertragungsliebe “amore per trasporto”, concludente:
certo non l’innamoramento, che non è trasporto cioè moto ma fissazione, già riqualificato da J. Lacan come odio.
É stato J. Lacan a scrivere “In principio era il transfert”.
Certo il suo non gratuito divertissement intellettuale non è facile, ma la facilità segue al lavoro di svolgimento della difficoltà peraltro feconda.
Per esempio, chi è venuto a capo di:
“Hommoinzune”?, o peggio di
“Y a d’l’un”?, e anche di
…“Je vous demande de me refuser ce que je vous offre parce-que ç’ est pas ça”?:
quando ci ripenso rido ancora.
Una volta si è definito:
“Je suis un auteur léger”, vero malgrado tutto.
martedì 23 novembre 2010