Sabato domenica 20-21 novembre 2010
in anno 154 post Freud amicum natum
Tra poche ore incontrerò a Bologna il Prof. Barnaba Maj, alla Libreria La Feltrinelli, per la presentazione di Istituzioni del pensiero.
Mi ci reco equipaggiato dell’immagine di un notissimo montaggio fotografico, quello di un “piccolo” individuo affrontato a una “grande” colonna di carri armati in piazza Tienanmen:
suggerirò poi di sostituire mentalmente a questa brutale colonna istituzionale (esercito) tutte le non brutali Istituzioni che ci sovvengono, a partire da quelle democratiche (ma la lista si prolungherà inattesamente):
il ragionamento che seguirà potrebbe non dispiacere anche a quelle Autorità cinesi cui dispiace che si ricordino i fatti del 1989.
Segue a breve.
[Tornato dal soddisfacente incontro con il Prof. Barnaba Maj, cui ricambio sinceramente i segni di stima che mi ha dato − mi piacerebbe avere la trascrizione della sua presentazione [1], completo telegraficamente le righe che precedono.]
Rammento il titolo del libro, Istituzioni sì ma del pensiero, non inferiori − ripeto la definizione della sovranità:
“superiorem non recognoscens − a ogni altra.
Affrontato all’Istituzione-Esercito cioè delle armi, la posizione dell’individuo è semplicemente descritta dalla parola in-ermità, ma questo è soltanto il tradizionale fumo negli occhi.
Invece, la posizione dell’individuo di fronte a tutte le Istituzioni, anzitutto se sono quelle che hanno il consenso generale (le Istituzioni democratiche, e altre ancora come Partiti e Chiese, e qui penso anzitutto a A. de Tocqueville), è descritta da una tutt’altra parola:
incompetenza, e anche infantilismo:
non l’infantilismo più o meno pronunciato secondo gli individui, bensì quell’infantilismo istituzionale che consiste nel non essere all’altezza di interloquire o trattare con l’Istituzione come tale.
Infantilismo e incompetenza cesserebbero se e solo se l’individuo fosse egli stesso Istituzione, ossia se egli fosse la sede − da tempo scrivo san(t)a sede − di un pensiero-Ordinamento illimitato (e giuridico), o una res cogitans extensa.
Non si tratta per lui di acquisirla [2] ma di non perderla, il che accade ad opera di altre tre Istituzioni anch’esse del pensiero, che sono delle Destituzioni che elenco da tempo: 1° la religione, 2° l’ontologia, 3° l’amore come innamoramento.
1° avevo già prescelto, come esempio dell’uomo dotato di Istituzione del pensiero adeguata e non infantile, il Giudice Gedeone (Libro dei giudici 6 segg.):
al Signore (non “Dio”) che gli si presenta per affidargli un mandato, Gedeone non oppone obiezione né resistenza alcuna, semplicemente lo sottopone a dei test (quella famosa pelle di pecora), e il Signore ci sta ben lungi dallo spedirlo alla Geenna:
da Istituzione a Istituzione, Gedeone non ha religione, come non l’ho io, non l’aveva Freud, non l’aveva Gesù.
2° sotto “ontologia” riunisco non solo l’ontologia (cioè una metafisica [3]) che inizia con Parmenide poi Platone fino a noi oggi, ma anche quella dura e identica ontologia spontanea degli uomini, che accettano che l’albero si giudichi dall’albero ossia l’ente dall’ente:
questa volta è stato Gesù a rivoluzionare la metafisica (prima della morale), esigendo in quanto Giudice che l’albero, o l’ente, si giudichi dai frutti:
lo chiamerei il primo Manoscritto economico-filosofico, ben prima del 1844:
chiunque giudichi l’ente dal frutto ha il suo pensiero (economico) come Istituzione autonoma, non infantile né incompetente rispetto a ogni altra Istituzione.
3° il “bello” della terza, l’amore-innamoramento, è che non esiste affatto, eppure ci si impone da millenni al pari di un’Istituzione davvero imponente nonché millenaria:
a fronte del perdere-la-testa in cui ne consiste l’effetto ad opera del “Dio malvagio” Eros, siamo impotenti, incompetenti, infantili, peggio che a fronte della colonna di carri armati:
avrà pensiero come Istituzione chi assumerà la parola “amore” solo quale risulta dall’assumere letteralmente cioè seriamente l’espressione “affari amorosi”, cioè l’amore come un caso di affari.
Non mi soffermo sulla coerenza interna delle tre Destituzioni.
Termino con un richiamo che ha dell’ovvio ma per nessuno:
le tre parole “nevrosi”, “psicosi”, “perversione”, designano Istituzioni destituenti del pensiero, che subiamo nell’incompetenza e nell’infantilismo:
Freud ha pensato che la cura consiste nel portare l’individuo alla competenza istituzionale nei loro riguardi così come nei riguardi di ogni Istituzione.
Ho poi proseguito illustrando l’Istituzione del pensiero che chiamo da tempo “Regime dell’appuntamento”:
in cui l’individuo ha legittima facoltà giudicante e sanzionante identica a quella del Giudice nella sua terzietà.
Da tempo mi riduco a simili telegrafie.
P.S.
Il Nazismo è stato il trionfo dell’incompetenza, o dell’infantilismo.
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[1] Mi piacerebbe anche un nuovo incontro con lui su Materialismo e empiriocriticismo, da lui citato: in tutte le dispute siamo sempre lì. Mi schiero: aveva ragione Lenin.
[2] Ma solo di perfezionarla: sto qui sviluppando la distinzione freudiana tra principio di piacere come già Istituzione del pensiero, e principio di realtà non come limitazione educativo-realistica del precedente bensì come per-fezionamento di esso.
[3] Quella di Freud è un’altra metfisica (“meta psicologia”).