UN CASO DI SCARRAFONE: L’“INTELLIGENTE”

Non faccio mai lo spiritoso, per esempio quando recentemente (Tre oggetti martedì 28 settembre, Scarrafòne e tempo mercoledì 29 settembre ) ho detto dello scarrafòne come astratto oggetto o (dell’astratto O), marchio a fuoco sulla pelle del pensiero (“fantasma”):
sconsiglio ai miei lettori e uditori non il sorriso ma la maschera risibile del sorriso, che tollero ma non apprezzo, non mi piace che si faccia lo scarrafòne con me.

Tutta la Psicologia ‘900esca ha coltivato collettivamente uno dei casi di scarrafòne, quello che risulta come prodotto per mezzo dell’Idea di “intelligenza”.

Lo producono già tutti quei genitori che non perdono occasione per qualificare come “intelligente” il figlio:
che diventerà un dis-graziato se ci cascherà, cosa che difficilmente gli riuscirà di evitare.

Lo si osserva in tutti quegli studenti che, muovendo dal presupposto forzato della propria “intelligenza”, non lavoreranno a càpere le materie scolastiche perché presuppongono il proprio capire, cioè scindono (“schizo-frenia”) capire e càpere, ossia negano all’intelligenza ciò che le è proprio cioè un atto alimentare dell’intelletto (donde la vera “anoressia mentale”, pandemica).

Quei genitori, supportati dalla Cultura denominata per l’occasione “Psicologia”, producono il narcisismo (il bambino non ha narcisismo), ossia lo psicotico come insopportabile ignorante presuntuoso (non ho inventato io l’espressione “delirio della presunzione”).

In pochi anni questi “intelligenti”-scarrafòni diventeranno i drop-out della scuola e dell’università, e/o di altro ancora.

lunedì 4 ottobre 2010

 

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