Sabato domenica 10-11 luglio 2010
in anno 154 post Freud amicum natum
Sono stato un bambino molto devoto, tanto che tra i sei e gli otto anni recitavo e cantavo un gran numero di formule liturgiche anche lunghe in latino, pur non conoscendolo ancora.
A tre anni avevo già imparato il Confiteor perché quel bello spirito di mio padre, che mi voleva colto, me lo aveva insegnato, ricordo quando mi reggeva con un braccio sul davanzale della finestra (se fosse stato ebreo conoscerei a memoria il Talmud).
Ma presto mi sono imbattuto nel … Mistero:
infatti un certo inno [1] conteneva l’espressione “ab utroque” (cioè “da ambedue”, ma non lo sapevo), e io mi sono domandato a lungo, senza osare chiedere, che cosa fosse l’oscuro Butroque:
il Mistero appunto.
Passa un giorno passa l’altro, il Butroque ha continuato ad abitarmi la mente miscredente
– infatti del Butroque e del Mistero si può sì essere fanatici fino ai sacrifici umani, ma non credenti:
di fede come giudizio razionale di affidabilità, consistenza e innocenza, non ce n’è quasi -,
fino a rendersi utile proprio come Mistero, utile a formulare una legge generale:
che tutti hanno la fissa di un Butroque, ed ecco il concetto di fissazione, Fixierung in Freud, ossia che il pensiero è suscettibile che vi si impianti come invasore un’occulta fissazione, a contenuto variabile ma con poche variazioni peraltro interconnesse.
La Psicologia non vale niente proprio perché non ha questo concetto.
“Il Bene” platonico è un Butroque, che non fa uscire dalla caverna semplicemente perché vi fa entrare e stare, e chi ne esce è anche peggio (vedi giovedì e venerdì).
Sul Butroque delle religioni è superfluo che mi diffonda, poi ho imparato a riconoscerlo a tutte le latitudini filosofiche e ideologiche, anche irreligiose o antireligiose:
ma la mia sorpresa maggiore mi è venuta dall’osservare che anche gli psicoanalisti in maggioranza hanno il Butroque:
infatti, che altro è nell’uso corrente l’Inconscio se non un nome dell’oscuro “profondo” Butroque?:
tanti anni fa ho udito uno psicoanalista professare che lui credeva nell’Inconscio perché credeva a Freud!:
io no, perché ormai ero esperto e vaccinato in Butroque:
“inconscio” è solo un lemma che designa un concetto cartesianamente chiaro e distinto.
“Emozioni” è un altro nome del Butroque, come “Profondo”.
Un prete che ho molto ascoltato, non a torto, e di cui sono stato amico, non a torto, negli ultimi anni della sua vita pronunciava sempre più frequentemente e fin quasi esclusivamente la parola “Mistero”, il Butroque appunto.
Ma in generale dico tollerantemente:
chi è senza Butroque scagli la prima pietra.
A ognuno il suo Butroque, molto democratico!
Io ho ricominciato dal giudizio di affidabilità, anche ben disposto a trovare ben poche occasioni di esercitarlo, e senza infelicità né “disperazione esistenziale”, wow!:
richiamo la battuta che l’ideologia della Speranza ben si merita:
– Che cos’è un albero di pere senza le pere?
– E’ dis-perato!
L’apologia della Speranza (noto la S astrattizzante) è una grave imprudenza, perché è solo l’ultimo dono avvelenato del vaso di Pandora, “affinché l’umanità, invasa da tanti mali, non si suicidi in massa”, il che peraltro fa già cronicamente salvo episodi acuti:
cambia tutto se è un nome del processo che si apre a partire dal giudizio di affidabilità.
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[1] É il Tantum ergo, inno liturgico di Tommaso d’Aquino. La seconda strofa recita:
Genitori genitoque / laus et iubilatio /salus, honor, virtus quoque / sit et benedictio. /
Procedenti ab utroque / compar sit laudatio. / Amen.