Sabato domenica 12-13 giugno 2010
in anno 154 post Freud amicum natum
Prima (I.) e dopo (II.).
I. Freud
Di medicina e psicoanalisi si è sempre parlato da un secolo, e provo un senso di stucchevole al ricordare l’immensa bibliografia sull’argomento.
Per venire alla conclusione mi servo di una delle frasi più ambigue di B. Pascal, che ha avuto successo proprio per la sua ambiguità:
“Il cuore ha ragioni che la ragione non intende”,
e nella sua oscurità il “cuore” può anche farle sporche come sempre:
invece l’“inconscio”, come ragione o pensiero in difficoltà perché gliene hanno fatte di sporche, non le fa mai sporche (“inconscio” come “pulsione” non designa perversione).
A tale frase pascaliana faccio il verso, ottenendo anche di correggerla:
la psicoanalisi ha ragioni mediche che la ragion medica non intende:
è così che più di un secolo fa la psicoanalisi fu.
Non dico nulla che non sia risaputo, e nulla a detrimento della medicina, al contrario perché la psicoanalisi è medicina:
la psicoanalisi si propone come scienza (e terapia) di patologie – almeno le nevrosi nella loro limitata varietà e nella loro illimitata estensione sociale e culturale -, proprio come la medicina, ma quest’ultima:
1° nella sua “clinica” (concetto squisitamente medico):
a. intende solo limitatamente l’inventario dei sintomi nevrotici;
b. non sa distinguere, tra quelli che intende genericamente come sintomi, tra sintomo, inibizione e angoscia, cui è da aggiungere la fissazione;
2° della nevrosi non si intende come scienza [1] perché neppure ha in programma di esserlo;
3° non se ne intende come terapia perché neppure ha in programma di esserlo:
parlo del suo programma scientifico e terapeutico interno, non di limiti del progresso scientifico e terapeutico.
Con questa descrizione non solo non sollevo dubbi sulla scientificità della medicina e sulla sua efficacia, ma al contrario ne apprezzo la scientificità e ne so l’efficacia proprio in virtù del suo limite:
il medico deve (non ho scritto: non deve) né intendere né intendersi di nevrosi, e proprio ciò lo fa medico:
pratico la psicoanalisi da decenni, ma se tornassi a fare il medico mi atterrei a quel “deve”, sarei un organicista a oltranza, per non fare alcun dannoso pasticcio psico-medico.
Del resto, molti medici sanno di essere nevrotici come chiunque, ma non per questo si rivolgerebbero alla medicina né a un collega:
apprezzo quei medici che vanno in analisi da un analista non medico, benché anche in questo caso possa insinuarsi un veleno di coda:
cioè l’idea che l’analisi non sia una faccenda medica, ma un’avventura, un “percorso”, un’esperienza spirituale o interiore [2].
Da tempo la strategia antifreudiana (non medica) è la negazione sistematica dell’esistenza della nevrosi (e delle nevrosi), e dunque della pensabilità di una scienza a suo riguardo:
si può confutare (Popper) Freud, ma riconoscendolo come l’unico che ha provato a pensare una tale scienza:
il metodo resta insomma la ghigliottina, o la decapitazione dalla nevrosi come testa, cioè l’omissione seguita dalla censura-sistematizzazione risultante dall’omissione:
è la vera regressione, neppure più accompagnata da quel progresso scientifico che alcuni decenni fa credevamo assicurato.
Rammento che Freud ha sempre e coerentemente chiamato “medico” (Arzt) lo psicoanalista, indipendentemente dagli studi medici di questo:
La questione laica (Die Frage der Laienanalyse, 1926) resta l’omega giuridico di Freud:
quanto basta perché un’infausta lobby lo voglia morto.
II. Post-Freud
Ho riassunto l’argomentazione freudiana, disponibile alla confutazione, ma chi ha interesse a ricordarla o mantenerla?:
l’inconveniente degli psicoanalisti è di non avere saputo tenere, o essere solidi, quanto ai concetti, anzitutto quello di rimozione.
Bastava chiarire che questa parola designa un atto e non uno stato:
l’atto temporale compiuto da Rossella o’ Hara (“ci penserò domani”: siamo tutti delle Rosselle!), e non lo stato spaziale dell’auto rimossa:
basta osservare l’atto per non potere più venire meno alla domanda di ovvio buon senso:
che cosa accade quando un affare o un appuntamento continua a essere rinviato?, ossia ciò che Freud chiamava “ritorno del rimosso”.
Per tenere occorreva ripartire da ciò che Freud ha scoperto, non l’inconscio concepito come parte del pensiero, ma il pensiero stesso, benché mal ridotto, di cui è stato il primo Amico:
è ciò che ho chiamato “pensiero di natura”, che si fa in-formare dal pensiero di Freud che esso ri-capitola assumendolo.
Post.-freudiana è questa ricapitolazione, con conseguenze di riforma lessicale:
non più “pulsione” bensì legge di moto del corpo in quattro articoli, avente l’io come fonte (Quelle) tra i quattro articoli, non come funzione sintetica o sistematica bensì come attore dell’ordinamento del moto;
non più “inconscio” bensì questo stesso pensiero quando l’io ne è il fuggitivo, non signore a casa sua che è il pensiero stesso;
non più “oggetto” perché con la signoria o libertà del pensiero la lingua passa dall’antico nesso ontologico e schiavistico parole-cose (Platone), al nesso giuridico o imputativo parole-atti.
In questa riforma lessicale bisogna essere sempre pronti a ciò di cui cerco di dare esempio:
a fare come lo scorpione, ma per una volta uno scorpione senza veleno [3], che punge la mano-missione, ogni volta che qualcuno tenti di separare il pensiero di natura da Freud [4].
Specialmente da abbandonare è la parola “narcisismo”, che da sempre è fonte di ogni confusione e alibi, già ai tempi di Freud allorché gli psicoanalisti andavano … pazzi per il narcisismo:
abbandonarla per la parola “innamoramento”, che quella vicaria peraltro correttamente dato che Narciso è uno schizofrenico:
rammento che non tutti i matti sono in manicomio, anzi.
La Modernità ha creduto di avere realizzato il laico grazie alla critica della religione:
non aveva ogni torto, ma la critica della religione non vale nulla senza la critica della nevrosi, perché quest’ultima lascia intatto il Preteterno in tutti i credenti e i miscredenti.
Post-freudiano è il pensiero che ricapitola Freud Amico del pensiero:
da anni lavoro a farne legame sociale, una società di amici del pensiero.
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[1] Oggi la rinuncia (di cui la medicina è innocente) alla scienza della psicopatologia è oscurantismo militante cioè occultismo
[2] Logicamente, preferisco quella battuta cinica in cui J. Lacan scrive: il verbo guarire mi fa ridere.
[3] Mi permetto un riferimento autobiografico: già da bambino mi piaceva sapermi zodiacalmente Scorpione, salvo poi pacificarmi nella distinzione tra sanzione e vendetta, nella quale non mi sono districato a lungo. Nell’infanzia pensavo spesso alla novella dei Grimm Lo zaino, il bastone, il cappelluccio.
[4] Ho sempre suggerito di esplicitare sempre la relazione con Freud per mezzo delle note a piè di pagina, o a margine.