Kant resta un genio maggiore della modernità, per avere fissato la condizione dell’universalità in spassionatezza e disinteresse:
che fosse cattolico?, sento il suo teschio splatter sghignazzare,
e dopotutto non ha torto, perché ci sono cascati tutti.
Ci voleva un genio logico per fissare la morale nella spassionatezza e nel disinteresse, cioè nella censura.
Un paio di casi particolari:
benché condannato, lo stupro è censurato, in che?:
nella verità che in esso non c’è quasi nulla di sessuale;
benché condannata, la pedofilia è censurata, in che?:
nella verità che in essa non c’è nulla di sessuale, e ho appena parlato di notsex-appeal (“Non siamo bravi ragazzi”, lunedì 24 maggio).
ambedue condividono spassionatezza e disinteresse.
Un terzo caso:
era spassionatezza e disinteresse anche l’antisemitismo hitleriano.
Io lavoro sempre all’universalità di passione e interesse nella loro insufficienza a realizzarla:
cosa possibile in quello che chiamo Regime − giuridico cioè universale − dell’appuntamento:
che vede la psicoanalisi come una sua applicazione.
La Legge morale kantiana è il massimo dell’Idea platonica, o Ideale:
neanche Platone c’era arrivato, malgrado lo sghignazzo di Alcibiade e più tardi Kierkegaard, e neppure alla verginità maschile (vedi ieri), malgrado l’“amore platonico”.
mercoledì 26 maggio 2010