TESI SULL’ESISTENZA DELL’AMORE (bis)

Famiglia

 

L’articolo di ieri, da rileggere, proseguiva nel seguente risvolto.

Capita quasi regolarmente che ai figli, non presenti al momento del patto tra i genitori
− l’amore, se esiste, è pattizio, giuridico benché distinto da contrattuale, come è patto un appuntamento, e la psicoanalisi ne è un caso −,
venga fatto obbligo di amare i genitori.

Ma questo è un ricatto irresistibile peggio che mafioso, per il fatto di imporre un presupposto, e anche contro il buon senso del Quarto comandamento, che non impone affatto di amarli ma consiglia solo di “onorarli” indipendentemente dal fatto che lo meritino, e perfino dal fatto che meritino la forca:
la famiglia viene così affondata fin dall’inizio, anche se poi le cure palliative l’hanno fatta mediocremente galleggiare.

Un mio cliente che ha sempre concepito in termini pedagogici la sua relazione con i propri figli, mi ha fatto un appunto sulla psicoanalisi:
questa non avrebbe il senso della famiglia, malgrado la mia insistenza sul regime dell’appuntamento esteso anche ad essa.

Gli ho solo fatto osservare che non era osservatore.

Infatti i figli, che invece sono osservatori anzitutto con intelletto uditivo, fin dall’inizio, più ore al giorno e per anni osservano i loro genitori nei loro discorsi a ogni riguardo, e in particolare nei riguardi che essi hanno tra loro, nel loro discorrere con amici e visitatori, nelle loro telefonate, nei loro giudizi sul mondo, nei loro commenti a un film, registrano tutto senza rispetto alcuno per la loro privacy:
ci manca solo che trasmettano le registrazioni ai giornalisti, cosa che faranno anni dopo se si rivolgeranno a un giornalista-analista:
di questi discorsi la parte educativa, buona o meno buona, è solo una piccola percentuale.

Questi discorsi sono la prima eredità dei figli − ripeto che “figlio” significa erede −, e nell’eredità si può ereditare anche il peggio (anzitutto la patologia dei genitori), e senza che i figli abbiano l’opportunità del beneficio d’inventario, che anzi gli viene proibito e proprio in nome dell’“amore” che sarebbe dovuto ai genitori:
in questo caso “amore” significa inganno per-fido, che carpisce la buona fede, l’unico scandalo:
qualcuno diceva che sarebbe meglio suicidarsi per annegamento.

La prima regola per un genitore è dunque “Bada a come parli!” o “Bada a te!”, non quella di badare ai figli:
in questo caso, c’è caso che dell’amore cominci ad albeggiare.

Ma è mai possibile che tocchi proprio a me, malvagio psicoanalista, fare l’Avvocato del matrimonio?, ho forse un mandato del Papa?:
dico del matrimonio ossia di un patto, e affare, tra un uomo e una donna, di cui i figli sono degli allegati (non l’affare né l’oggetto) che obbligano solo i genitori:
l’interessante è che i figli trattati bene − esistono solo trattamenti, e i discorsi sono trattamenti −, non carpiti nella buona fede, si obbligano volentieri, senza quelle obiezioni di principio che sono il segno dell’inizio di una patologia.

giovedì 25 marzo 2010

 

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