OSTAGGI

Sabato domenica 20-21 marzo 2010
in anno 153 post Freud amicum natum

 

vaso-di-rubin
Edgar Rubin, 1915, figura reversibile: un vaso oppure due facce che si guardano, o guatano poco in-amoratamente.

 

Vedo telegiornali, giornali e altre fonti ancora, e sono ragionevolmente bene informato di come va il mondo:
ma sempre più negli anni, e in particolare in questi giorni di elezioni, in tutto questo vedere vedo l’ostaggio, in duplice formato.

Non è un vedere visionario, né “tra le righe”, ma piuttosto il vedere quelle figure di cui ho appena riprodotto un esempio:
il vaso, o le due distinte facce, non sono più o meno reali:
“alla faccia!” di quella “realtà” che tutti invocano.

Non voglio e non devo dilungare, ho già parlato a sufficienza del mito platonico della caverna:
una delle due facce rappresenta i prigionieri nella caverna, l’altra faccia quello o quelli che, usciti fuori, credono, con pari credulità, di avere visto la realtà vera, l’Idea:
“Il Bene”, ma la lista è appena cominciata, per esempio “La Bellezza”, e via con tutta la serie in fondo indifferente di tutti gli Oggetti la cui Istituzione destituisce il pensiero, o l’Istituzione del pensiero (vedi “Istituzioni del pensiero”, 2008).

Tutti sono sempre più ostaggi dell’Oggetto o Idea o Ideale, tutti variamente quanto stupidamente cattivi, i secondi con la cattiveria sterminante di Antigone, che tenta la truffa del dichiarare che lo fa “non per odio ma per amore”, cui replico che ne uccide più la formazione reattiva che la spada, che peraltro è al servizio di quella:
non è il capitalismo a usare la spada
– salvo in quelle congiunture in cui prevale l’opportunità di produrne molte -,
perché esso per sua natura si infischia dell’Ideale, quello appunto che ci fa ostaggi e poveri.

Tutti mistici.

L’Oggetto o Ideale fa da contenitore del contenuto-ostaggio, fa da presupposto di ambedue le varianti dell’ostaggio:
la prima ignora il presupposto, la seconda lo crede visionariamente, e non ha neppure più bisogno della credenza religiosa, ancora così “terrona”:
tale contenitore è già stato chiamato, a suo tempo, “sepolcro imbiancato”.

E’ già accaduto che “La Giustizia” figurasse tra tali Oggetti insieme a tutto quanto, come appunto “L’Amore” (materno, innamoramento, dono), “La Verità”, “La Felicità”, “Il Sacro” eccetera, che mano-mettono a tutto quanto il “concreto” facendone “La Donna”, “La Madre”, “Il Bambino” eccetera.

Oggi e da anni si dice anche “Il Sogno”, americano o lunare, ossia nulla a che vedere con i nostri sogni o pensieri:
filocinese come sono, conto che almeno la Cina non arrivi mai al “Sogno cinese”.

Platone l’ha fatta così grossa e duratura, che provo perfino una torva ammirazione per lui:
il grande ingannatore, il prestigiatore-Mandrake che fa credere al pubblico di vedere uscire dal cappello il coniglio che lui non ha neppure faticato a metterci:
Platone odia il lavoro:
niente rappresenta meglio Platone che la sfacciataggine perversa di Alcibiade nel “Simposio”, quella di “in vino veritas”.

In queste condizioni sfavorevoli per tutti (“Destino” o “Mistero” ne sono alcuni nomi), si tratta di almeno pensare condizioni favorevoli:
i primi a beneficiarne sono coloro che ci si mettono.

 

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