Su queste pagine mi sono dichiarato filo-Obama da subito, e non ho motivo di recedere, ma in occasione dell’attuale successo politico sulla Sanità provo ripugnanza, non per il successo di Obama ma per il generale bieco tripudio per questo:
è semplicemente accaduto che nel paese alfiere mondiale del progresso, della democrazia, della libertà, dell’uguaglianza (dimentico qualcosa?), ha iniziato a essere tolto lo storico abietto vulnus americano a tutto ciò.
Obama e la sua legge sono stati accusati di socialismo, o di comunismo:
era già successo a Roosevelt, che ha trattato l’accusa con umorismo, peccato che umorismo e critica non bastino mai:
ma uno come me, amico di Freud, non ammette il semplice rovesciamento dall’impotenza delle armi della critica alla dubbia potenza della critica delle armi:
non è una questione morale ma analitica, anche la critica delle armi finisce nell’impotenza:
diverso è dire che la rivoluzione non è un giro di valzer.
Anche in Italia l’accusa di comunismo si spreca, rivolta com’è a parti politiche che di comunista nulla hanno (“sinistra”), essendo parti culturalmente e politicamente nate dalla cancellazione accurata di ogni traccia dell’intelligenza di Marx, che rifiutava di occuparsi di classi sfavorite perché sfavorite:
il piagnisteo (sindacale?, pretesco?, e il ceto pretesco va aldilà dei preti) sulle classi sfavorite le trasforma in classi sfavorite piagnone.
É però vero che la storia del comunismo ha negato nella propria Costituzione politica e psicologica il principio di piacere, come esso stesso un Principio costituzionale, il pensiero come prima virtù nonché lusso:
è stato proprio un giurista bolscevico, M. Rejsner, a definirlo così:
lo stalinismo è intrinsecamente anche questa negazione, e non solo il cumulo di crimini che gli sono collegati:
c’è un legame tra i due fatti.
La legge sanitaria di Obama è “comunista” solo se presentata come un progresso statale del “sogno” americano, anziché come una doverosa, tardiva e solo parziale correzione di una protratta inescusabile pecca di civiltà, un incubo americano:
vero che è meglio se le bombe cessano di cadere, ma rifiuto di chiamare piacere o desiderio o successo la cessazione della loro caduta.
martedì 23 marzo 2010