LA MERCEDES

Non conosco le origini storiche della nota casa automobilistica, sono però congetturalmente certo che il suo nome deriva da una Mercedes, come quella di Edmond Dantès:
come Edmond, anche il fondatore della “Mercedes” sognava (male) la Mercedes, fino a darle quattro ruote:
sono sicuro che Mercedes ha divorziato, come la Mercedes di Edmond:
istruttivi anche i divorzi dei non divorziati.

É sempre per la Mercedes che si vive e si muore, il che lascia sola una Mercedes allibita, poi disorientata, poi allineata con la linea commerciale della “Mercedes”, poi altri esiti ancora non di buon augurio né per Mercedes né per Edmond.

Ora ne do la rappresentazione condensata che ho raccolto da un recente racconto di “sogno”:
un automobilista in autostrada, a un bivio autostradale in cui prende a sinistra si vede tagliare la strada verso destra da una Mercedes che stava alla sua sinistra
(non mi occupo per ora di destra e sinistra).

Lasciata sola a battere l’autostrada come auto-mobile, può solo succedere ciò che succede da millenni, ossia che Mercedes si metta di traverso, tagli la strada all’uomo solo in auto-mobile su auto-strada:
la vendetta femminile può essere terribile, anche quando è banale e inapparente, civile e perfino celestiale, ma almeno ci mette qualcosa, la vendetta benché come sanzione fallata.

Sono millenni che Mercedes taglia la strada (a volte anche la ritirata):
già il libro della Genesi poneva (atto del porre) per l’uomo una compagna non per vita-o-morte, una Mercedes o una Eva, affinché la strada dell’uomo e della donna non fosse affatto un’auto-strada in auto-mobile.

Le cose vanno anche peggio quando Mercedes è auto-mobile nell’automobile “Mercedes” guidata da un uomo auto-mobile:
e non c’è soluzione nel darsi il cambio alla guida.

Nella prima parte della “Fenomenologia dello spirito” G. W. F. Hegel ha parlato a lungo di Mercedes ben prima che inventassero “La Mercedes”, con la conclusione di non riuscire a con-prenderla se non come una Mercedes fallata, Antigone:
nei concetti del Sistema (Hegel è l’uomo del “Sistema”) la donna non-ci-sta, non si lascia comprendere né prendere (è lo stesso concetto):
non si lascia sistemare da un sistematore, il che per identificazione (sorte comune) potrebbe poi diventare anche lei.

Questo non-starci dovrebbe bastare a comprendere che il Sistema è sistemino:
il medesimo sognatore in un sogno appena precedente non trovava la soluzione cercata in un cassettino, buona rappresentazione del Sistemino.

Ripeto che Sistema non è Ordine:
in questo la donna non è ciò che tradizionalmente è, una turbativa o un Ideale ossia un’aggravante.

Ritrovo nel Sistema la “sopravvalutazione” di Freud, da lui ben descritta e individuata nella comune valutazione dei sessi:
la cui sottovalutazione è solo l’altra faccia della luna, quella per cui si dice “stupido come la luna”, sorte comune.

giovedi 4 febbraio 2010

 

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