É accaduto a me come ad altri bambini di pensarla giusta, e di ripensarla in età adulta:
ambedue i termini, “la” e “giusta”, meritano rispetto logico, ma è proprio questo rispetto il bersaglio dell’offesa al pensiero, non al pensiero del bambino ma al pensiero fin dal bambino (l’ingiuria: “infantile”):
segue rimozione, e tutto quanto nel dis-ordine patologico, personale sì ma che non sarebbe se non fosse pubblico come Cultura a sostegno:
proprio come c’è (attualissima), e c’è stata, una Cultura della miseria, che piange miseria.
Nel caso cui sto pensando si tratta del favore intellettuale che ho tributato spontaneamente, tra i nove e i dieci anni, a quel capitolo biblico
– la Bibbia è stata un livre de chevet della mia infanzia -,
in cui Gedeone ha sottomesso a test “Dio” stesso, senza obiezione anzi con buona disposizione da parte di questo.
Per inciso mantengo ciò che ho già detto, ossia che una buona Psicologia dovrebbe prendere Gedeone come il Patrono dei test, il che non è stato.
In breve, “Dio” ordina a Gedeone
– si legga il testo: Giudici 6, 1-40, in particolare 36-40 –
di riunire un esercito per sconfiggere il nemico:
a sua volta, Gedeone non pensa affatto a sottrarsi, anzi è logico nel suo voler fondare la devozione del proprio affidamento (“fede”) sul giudizio di affidabilità e dunque su adeguate prove-test.
Gliene somministra due:
1. il primo è convenzionale, perfino dozzinale, da Lourdes diciamo, o “da Dio”, quella richiesta di una performance-miracolo che si appella alla sua potenza sulla natura come spazio, ossia a una causalità quantunque eccezionale;
2. il secondo è duplice (con due varianti inverse tra loro), ed è sì ancora la richiesta di un miracolo ma un miracolo, intellettualmente parlando, “da Gedeone”, che si appella alla potenza ma anzitutto intellettuale di “Dio”:
Gedeone domanda infatti un paradosso spazio-temporale (non fantascientifico), cioè che la legge (fisica o morale) di un luogo fisico sia quella di un altro tempo.
Gedeone è uomo di pensiero, o di legge:
è ciò che mi piace fin dall’infanzia.
En passant, mi sembra lo stesso miracolo del giovedì domandato dall’ebreo un giorno di sabato:
temo inoltre che Galileo commettesse l’errore di tutti quanti nell’interpretazione di Giosuè 10, 12, “Fermati o sole!”, che vuole un Giosuè tolemaico.
Tutto ciò mi sembra molto ebraico, e penso di non esserne esente.
Milano, 14 gennaio 2010