Una barbarie contemporanea è la Teoria comunicativa del linguaggio (barbarie con truffa):
essa si associa alla Teoria dietetica dell’alimentazione, corrispondente alla frase riempirsi-la-pancia-quanto-basta (ho già segnalato che non si mangia per vivere ma si vive per mangiare);
e alla Teoria coitale dei diletti erotici, che tende alla frigidità dato che in natura non c’è una legge coitale (forse stagionalmente e raramente i cavalli).
Associo alla prima di queste Teorie quella informativa del giornalismo:
ora, pur venerando la correttezza dell’informazione, come non sapere che un giornale è teatro?:
ho un’eccellente opinione del teatro, anche se c’è quello cattivo come molto giornalismo:
il teatro di Shakespeare è eccellente giornalismo, e dovrebbe servire da Scuola per giornalisti (per esempio “Il mercante di Venezia” che sto per rivedere al “Piccolo” di Milano).
La mia visitatrice di poco fa (ormai la chiamo così) ha giudicato con giusta severità l’infame espressione “Parla come mangi!”, osservando che in essa il mangiare è concepito come una volgarità, e che il parlare con chiarezza è equiparato alla volgarità del mangiare.
Fatevi un test da voi:
avete mai ammirato uno sconosciuto, ad esempio al ristorante, per come mangia bene? (l’etichetta non c’entra, né il contenuto del piatto).
Ho rammentato alla mia visitatrice, buona lettrice, il carbonaio di certe novelle dei Grimm, che la sera nella foresta mangia patate cotte sotto la brace, e senza sale perché è troppo povero per acquistarlo?:
lo ammiro ancora oggi.
Se parto da lui, o da certi bambini, allora posso dire “Parla come mangi!”:
meglio ancora, è desiderabile poter dire a qualcuno “Tu parli come mangi”.
Vero che, come tutti sanno, non pratico più la parola “pulsione”, ma solo dopo avere costruito tutto sul suo concetto, il che mi permette di farne un uso episodico come adesso:
decenni fa la pulsione orale (legge del moto del mangiare) veniva correttamente descritta come la prima (cronologicamente?):
io aggiungo che la pulsione fonica
– ecco un mio apporto di anni fa, che designa la legge del parlare, e il parlare come avente una legge -,
non è meno primaria, inutile chiedersi quale viene prima nel tempo come si farebbe nell’orrenda “psicologia dell’età evolutiva”.
La più negata tra le verità semplici o meglio facili
– se la verità non è facile non c’è verità -,
è che il parlare è un moto materiale come ogni altro, anzi di più per il maggiore numero degli articoli materiali che vi sono implicati:
non dico più complesso, perché non lo è meno né più del mangiare.
Penso e constato che oggi si mangia, e parla, peggio di prima:
non che io abbia nostalgia per qualsivoglia “prima”, perché l’idealità del “prima” è creata dal peggio del dopo (l’infanzia felice è tra le idealità criticate da Freud).
Oggi si cerca di far credere, e forse lo si crede, che si tornerà a prima della crisi economica, o perlomeno che bisogna provarci:
non si torna indietro, si va all’inferno.
Milano, 13 gennaio 2010