É appena tornato attuale uno degli orrori della mia giovinezza, uno dei “Canti degli Alpini” ma diverso da altri, più progredito diciamo così:
su questo Blog ho già trovato da ridire su tali Canti in generale, per la giustificazione da “cuore” che danno della Grande Guerra, ma questo fa parte a sé.
Prima ne riproduco il refrain:
Figli di nessuno / Tra le rocce noi viviam. /
Ci disprezza ognuno / Perché laceri noi siam. /
Ma se ce n’è uno / Che ci sappia comandar e dominar /
Figli di nessuno / Anche a digiuno / Saprem marciar.
Questo ritornello ha il cupo merito di illustrare nel comportamento attivo la legge di moto dei corpi secondo la massa o gruppo, marciare:
che ha due alternative, o marciare senza meta, o farlo con meta, che è la violenza.
Anche il Capo del gruppo è soggetto a due alternative:
o marciano secondo lui, o marciano contro di lui:
per la massa tutti sono sagome, puri bersagli, anche il Capo che, nella sua astrattezza di Capo, è la prima sagoma, il principio della serie, la sagoma Uno.
Il legame sociale che risulta dall’identificazione a Uno, è un’Associazione per delinquere.
Ne aveva già dato rappresentazione Michelangelo nella Sistina con il suo se-allora:
se di Gesù si fa l’Uno o il Capo astratto di una massa (non il caput reale di un pensante), allora i suoi prima o poi marciano contro di lui, e la donna gli volta le spalle.
Ma ora è il caso di prestare attenzione:
vero che il ritornello suona pre-fascista, e così è stato, ma sul “pre” si può sbagliare molto:
l’anticamera di questo “pre” si apre non su una sola camera ma su molte, perfino confliggenti tra loro:
fascista, nazista, comunista, democratica, religiosa, …, come tanti paradigmi dell’Uno.
In questi giorni di lancio-del-Duomo, si fa un gran parlare molto imprudente di Odio/Amore accoppiati e configgenti nel legame sociale:
ma di questo non ce n’è uno solo:
1° quel legame sociale che unifica un paese, e che chiamiamo “diritto statuale”, esclude dal suo seno la coppia Odio/Amore perché non include l’amore:
non perché lo esclude ma perché non ne ha la competenza, e lo lascia ad altro legame sociale non configurabile da questo.
2° sarebbe una conquista per ognuno liberare la parola “amore” dai suoi usi consueti, per riservarla come nome di una Costituzione, legame universale, tale che in esso una relazione privilegiata – non egualitaria bensì asimmetrica senza ineguaglianza – non si privatizza rispetto a ogni altra:
qui l’odio è escluso, non per ignoranza né incompetenza.
3° nel legame sociale detto “massa” o “gruppo” si fa appunto gran parlare di Odio/Amore, ma solo parassitando (zizzania del linguaggio) la parola “amore”:
riservando questa, a. orizzontalmente per il contatto (cameratesco o compagnonesco) con i co-identificati, b. verticalmente per l’identificazione stessa all’Uno, con il quale non può darsi partnership, ma tutt’al più episodica e unilaterale condiscendenza compagnona o cameratesca;
e riservando la parola “odio” all’assenza di tali due assi:
non si tratta di ambivalenza tra opposti ma di equivalenza double-face.
Il Capo stesso è sempre minacciosamente esposto alla violenza dei suoi, al fuoco pseudo-amico, perché l’identificazione ha nel suo orizzonte l’omicidio del Capo stesso, sagoma delle sagome, qualunque dei qualunqui.
Nella mia storia ho visto più di un Capo, benché individualmente degno di rispetto e tutt’altro che pura sagoma, cadere sotto il fuoco dei “suoi”:
la tentazione a cadere attivamente o passivamente in una tale posizione è grande, e non risparmia nessuno, al punto che è virtù l’accorgersene con sapere:
Freud poi J. Lacan hanno avuto questa virtù, non per ritirarsi a vita privata né nella saggezza né nella psicosi, ma per lavorare alla formazione di un nuovo legame sociale, nuovo in quanto esente dall’Uno.
Milano, 17 dicembre 2009