[In attesa dello Statuto della “Società Amici del pensiero”]
Sulla base dell’esperienza ho ragioni di affetto per la Polonia e i Polacchi, ma in questo caso ne parlo come di un robusto paradigma.
La frase completa è:
“Viva la Polonia, perché se non ci fosse Polonia non ci sarebbero Polacchi!” (A. Jarry in “Ubu Re”, 1896):
in “Ubu Re” figura anche una “macchina decervellatrice”.
Alludo al dramma secolare dell’esistenza stessa della Polonia fino all’ultima Guerra mondiale, vicenda abbastanza nota (di qui l’aggettivo “robusto”).
Sorvolo su consensi e dissensi quanto alla frase, in ogni caso io ne convengo:
ossia che ci vuole una Costituzione (non quella biologica) con il suo Ordinamento, per fare (non “essere”) Polacchi, non basta “la carne e il sangue”;
e neppure la lingua malamente detta “Madre”, sempre oscuramente amalgamata con carne e sangue (vecchia Storia):
i Nazi ci hanno marciato parecchio, e con gli stivali non i mocassini.
Paradigma di che?:
del pensiero come esso stesso Costituzione e Ordinamento al pari della Polonia, donde:
“Viva il pensiero, perché se non ci fosse pensiero non ci sarebbero uomini”.
Ma tutto è fatto affinché il fatto sia disfatto come la Polonia – disfatto nella sua autorità -, malgrado l’adagio latino “factum infectum fieri nequit”.
il pensiero, benché già Costituzione e Ordinamento incipienti (“bambino”), continua a venire infectum, disfatto e infettato (ostilità e indifferenza).
Ecco la ragione per sostenere l’Amicizia del pensiero, quello che fa uomini come la Polonia fa i Polacchi:
sostenerla con l’Amicizia per il pensiero come legame sociale di una Società.
Milano, 02 settembre 2009