CRISI ECONOMICA E PROSTITUZIONE

Sabato domenica 18-19 luglio 2009
in anno 153 post Freud natum

 

Lettura di:

S. Freud
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OSF

Una prostituta stradale intervistata su Rai 3 giovedì u.s., a una domanda ha brillantemente risposto:
“La crisi economica è arrivata anche da noi: sono tutti in cassa integrazione!”.

Brava!, quando il vizio mobile prevale sul Vizio virtuoso e smobilitante:
quest’ultimo è l’unico problema della moralità (e anche dell’economia).

Sarebbe bello poter commentare “la verità trionfa sempre” se non fosse che al più, come in questo caso, la si sfiora appena per allontanarsene subito:
1° una prostituta è un teorema incarnato, ma unito per una volta al buon senso come sopra:
il teorema è che – almeno nel caso della prostituta – “lo” si fa per il compenso, o equivalente mercantile, non per il “lo”:
la verità è che senza compenso niente “lo”.

2° ma a questo punto la logica ci obbliga a rovesciare la prospettiva della verità:
infatti, osservato che “compenso” è una categoria ampia, e che quello della prostituta è solo un caso particolare, la questione diventa, per semplice passaggio dalla specie al genere:
esistono casi in cui “lo” si fa non per un compenso?

É intellettualmente facile
– posto il gusto per la verità, posto raramente, e terra-terra se è  –
fare la lista dei tipi diversi di compenso oltre a quello stradale.

Ricordo con simpatia i due esempi che ne portavo più di trent’anni fa a fianco di C. Musatti al Firenze, Gabinetto Vieusseux:
a. il primo coincide con una storiella:
una fidanzata inglese in epoca vittoriana, in procinto di sposarsi domanda alla madre:
– Ma perché devo far“lo”?
Risposta:
– Fallo per l’Inghilterra!

b. il secondo è una battuta solo démodée:
“Non lo fo per piacer mio ma lo fo per piacere a Dio” (qui siamo passati, nella storia, dall’anglicanesimo al cattolicesimo).

Stante l’identità di a. e b. pur nella differenza, Enrico VIII non aveva poi tutti i torti!

Sono ambedue esempi virtuosi della casistica della prostituzione, in cui il caso del rituale compenso stradale ha il moderato merito di non cercare giustificazioni politiche o celesti.

Così siamo logicamente e praticamente obbligati a passare al terreno della scoperta:
quella del caso (esiste?) in cui non “lo” si farebbe per un compenso o un equivalente (morale, sociale, politico, religioso, psicologico, nonché materiale).

Ricordo che tanti anni fa scrivevo che nulla “lo” causa e nulla lo proibisce:
il colmo è quando è il “superio” a farce“lo” fare o non fare, coincidentia oppositorum:
un’unica fonte di istigazione e inibizione:
in questa unicità, ecco l’oscenità e la ferocia di cui nessuna morale è mai venuta a capo.

Milano, 18-19 luglio 2009

 

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