MORALITÀ DEL TRASPORTO, O TRASLOCO

Sabato domenica 09-10 maggio 2009
in anno 152 post Freud natum

 

Lettura di:

S. Freud
La traslazione (Introduzione alla psicoanalisi, Lezione 27)
OSF 8

C’è da ridire, su cent’anni di psicoanalisi, non soltanto riguardo all’automatismo consuetudinario di parolacce come “transfert”:
infatti non basta correggere la traduzione, per esempio sostituendola con “traslazione” o, come faccio io, con “trasporto”.

Ciò che ha fatto Freud con la sua Übertragungs-liebe è di avere parlato di Liebe e di nient’altro che di questo, anteriormente alla stessa psicoanalisi, ossia di avere rilanciato la questione dell’amore tradizionalmente rimasta oscura e confusa per tutti, al punto che la parola “amore” ha potuto diventare base d’appoggio o punto di leva per ogni inganno e menzogna.

La questione dell’univocità, chiarezza e distinzione, di questa parola, è dunque la questione stessa della moralità, come riguardante anzitutto l’intelletto:
ne fa parte l’alternativa viltà/coraggio morale in quanto l’alternativa viltà/coraggio intellettuale.

Freud annota che perché si possa parlare di amore occorre un certo trasporto (ho sottolineato “un”), come parola da prendere alla lettera a partire dal significato materiale di Übertragung (trasportare di qui a lì, o anche traslocare).

Dunque sull’amore, ci dice Freud, tutto resta da ri-dire, che è un ri-fare:
almeno in questo caso dire e fare sono sinonimi, il fare diventa alfabeto, grammatica, sintassi.

Su questo “tutto da ri-dire” ho scritto abbastanza recentemente:
“Il 2000° anniversario di P” (21-22 marzo), “Risolvere ‘P’, ovvero passare di là” (4-5 aprile).

Mi trovo a riparlarne oggi (sabato 9 maggio) all’Università di Urbino, nell’ambito del Seminario freudiano promosso da Gabriella Pediconi.

Milano, 09-10 maggio 2009

 

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